Oggi esce l'”ultima canzone” dei Beatles, ecco la selezione “incompleta” di Tony Face

Il 2 novembre alle 15 in punto uscirà in tutto il mondo l’ultima canzone dei Beatles. Il pezzo s’intitola Now and then, e fu scritto da John Lennon nel 1978 per una potenziale reunion della band. In trepida attesa di conoscere il singolo che certamente spopolerà su tutte le piattaforme musicali (lo recensiremo in anteprima), abbiamo chiesto a Tony Face Antonio Bacciocchi, di parlarci dei “suoi” Beatles, con una scelta di brani immortali della band di Liverpool. Ecco cosa ci ha scritto: Qualsiasi scelta relativa ai migliori brani del repertorio dei Beatles è sbagliata, incompleta, opinabile in ogni particolare. Quella che segue è compilata in ordine cronologico, cercando di individuare i brani “decisivi” di ogni periodo artistico della band.

She loves you (1963)
La canzone iconica dei primi anni dei Beatles, tra pop e beat, con il tipico “yeah yeah yeah”, marchio di fabbrica di un’epoca che stava per aprirsi. E’ anche uno delle prime canzoni in cui il drumming di Ringo si evidenzia in tutta la sua personalità.

Help (1965)
Il brano che titola album e omonimo (secondo) film, firmato da John Lennon che già nel precedente “For sale” aveva introdotto tematiche che esulavano dalla consueta canzone d’amore o disimpegnata. In questo caso è un grido d’aiuto di chi è travolto dallo stress di un successo senza limiti e dall’incessante lavoro a cui è sottoposto il gruppo.

Yesterday (1965)
Se in “Rubber soul” i Beatles incominciano a sperimentare, uscendo dal format della canzone pop, già in “ Help” si intuiva la volontà di guardare oltre. A partire da una ballata iconica (tra i brani più coverizzati di sempre) in cui è il solo Paul a cantare e suonare, accompagnato da un quartetto d’archi.

We can work it out (1965)
Uno dei brani che testimoniano la modalità compositiva di Paul e John nel primo periodo, fatta di una reciproca collaborazione pressoché paritaria, in cui ognuno componeva una parte e veniva poi giuntata nella fase di costruzione del brano. Interessante il tempo inusuale in tre quarti che subentra alla fine del ritornello. La parte di Paul è impregnata a una visione ottimistica, quella di John è più introspettiva. Le personalità si vanno sempre più esplicitamente delineando.

Tomorrow never knows (1966)
“Revolver” è l’album della svolta. Un passo avanti rispetto a tutto ciò che gravita intorno a loro. Non hanno paura di perdere i fan, guardano avanti, creano nuovi suoni, decollano verso frontiere inesplorate. Tra beat, rock, soul, psichedelia, “Eleanor Rigby” che prosegue la strada orchestrale di “Yesterday”, spunta l’incredibile finale, scritto da John, ipnotico, sperimentale, ammaliante, pulsante, seminale.

Strawberry fields forever/Penny Lane (1967)
E’ stato giudicato il singolo più bello e importante di sempre e prelude al capolavoro Sgt Peppers (che uscirà qualche mese dopo). “Strawberry Fields forever” è tutta di John, “Penny Lane” solo di Paul, entrambe parlano della loro Liverpool. La prima è una malinconica e straboccante ballata psichedelica, la seconda un nostalgico sguardo ai luoghi della propria città. Pura e semplice poesia.

A day in the life (1967)
Con “Sgt Peppers” la band vola ancora più in alto, viaggia tra profonda psichedelia, musica indiana, ballate, vaudeville, pop, rock, mischiando mille influenze. A partire dalla fantasmagorica copertina e, per la prima volta nel rock, i testi inclusi nel disco. Chiude l’album la sinfonica “A day in the Life” scritta, come agli esordi, in coppia da John e Paul.

Hey Jude (1968)
Tra i brani più riconoscibili e conosciuti dei Beatles, una ballata pianistica di Paul con l’epico finale orchestrale e il coro indimenticabile.

Something (1969)
L’“Album Bianco” ha sancito le divisioni nella band, ognuno impegnato nelle sue canzoni, accompagnato dagli altri, sorta di album solista dei quattro, suonato però insieme. In “Abbey Road” piazzano la zampata finale, scrivendo probabilmente il loro capolavoro. In cui emerge tutta la qualità compositiva di George Harrison che in “Something” compone una delle più belle canzoni d’amore di sempre e una delle migliori dei Beatles.

Let it be (1970)
L’ormai prevista conclusione è infausta, con un album assemblato e riarrangiato da Phil Spector, con gli ultimi scampoli di una carriera gloriosa e irripetibile. “Lascia che sia” è forse il miglior saluto che potessero darci con una ballata corale (firmata da Paul) che riprende il mood compositivo di “Hey Jude”.

BONUS TRACK – Aggiungo un brano “minore”, sempre trascurato e mai citato, inserito nella colonna sonora del film “Yellow submarine” nel 1968. “Hey bulldog” è un brano rock n roll di John, guidato dal riff di pianoforte e da un testo surreale, tra le migliori espressioni della versatilità della band.

Antonio Bacciocchi

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