Ottant’anni fa l’agguato di Vidiano “Resistenza nata dalla mobilitazione popolare”

“Qui si ricorda un evento molto significativo per la nascita del movimento di Resistenza al nazismo e all’occupazione tedesca con la repubblica di Salò”. Così il presidente provinciale Anpi, Romano Repetti, in occasione della rievocazione, a ottant’anni di distanza, del primo episodio piacentino di resistenza armata collettiva al regime fascista di Salò – che voleva reclutare nuovi giovani soldati da portare in guerra a fianco della Germania nazista – avvenuto il 24 gennaio 1944 nel territorio del comune di Piozzano. “Non è la celebrazione o l’esaltazione di questo episodio – ha voluto rimarcare Repetti -, ma ricordare è fondamentale per capire come è nata la Resistenza dalla mobilitazione della gente”.

Quella gente che viveva coltivando la poca terra fertile di paesi sperduti come Vidiano, San Nazzaro e Groppo Arcelli. Avvenne una mattina ghiacciata di gennaio del ’44, quando padri e figli (e almeno idealmente anche le madri) imbracciarono i fucili da caccia o qualche moschetto della prima guerra mondiale conservato in casa e accolsero col fuoco delle armi il torpedone di carabinieri giunto dalla città per “rubare” i giovani renitenti alla leva e costringerli all’arruolamento nella Repubblica fascista di Salò, alleata con la Germania nazista. Ne sortì uno scontro a fuoco nel quale rimasero uccisi due militari e nei giorni successivi si scatenò una rappresaglia armata con la spedizione di circa 200 nazifascisti per punire i “ribelli”. “Fatti del tutto simili – spiega Repetti – avvennero anche in altre parti della provincia di Piacenza, la peculiarità di quanto accaduto a Vidiano è la reazione armata alla spedizione ordinata dai fascisti, un movimento spontaneo. Non si aspettavano che arrivassero carabinieri, ma i militari fascisti; i contadini lasciarono tornare a Piacenza il torpedone dei carabinieri con i feriti e ne catturarono altri 6-7, rinchiusi per un giorno in una rocca a L’Ardara e poi lasciati liberi dopo poche ore. A fronte dell’agguato i fascisti organizzarono una ulteriore spedizione punitiva di oltre 200 militari nei paesi che si ribellarono, ma non trovarono nessuno da arrestare: i contadini erano scappati da familiari o nascosti in case poco distanti grazie alla solidarietà della popolazione”.

Alla cerimonia nella mattinata di domenica 28 gennaio ,al cippo posto prima dell’incrocio con Vidiano lungo la strada provinciale che da Piozzano sale verso la val Trebbia, ha preso parte anche l’ex sindaco di Piacenza Stefano Pareti: uno dei carabinieri rimasti uccisi nello scontro a fuoco, Ermegildo Carpanese, era suo primo cugino. “Un giovane che aveva obbedito agli ordini e si è ritrovato in una vicenda più grande di lui” – ne ha rievocato la figura Pareti, spiegando che la famiglia Carpanese, originaria di S. Stefano d’Aveto, si era insediata in Val Luretta alla ricerca di una terra più fertile. “Il fascismo – ha sottolineato Pareti – tentò di trasformare l’Arma dei carabinieri in uno strumento al servizio del governo despota di Salò, invece è stata negli anni successivi al servizio della democrazia”. Presente, insieme ai carabinieri di Agazzano e ad un rappresentante dell’associazione carabinieri, anche il sindaco di Piozzano Lorenzo Burgazzoli, che ha invitato a ricordare per evitare il ripetersi di simili tragedie.

I FATTIIl 24 gennaio 1944 un autobus militare con di 15 agenti sale verso la parte alta del comune di Piozzano per prelevare con la forza una quarantina di giovani delle parrocchie di Vidiano, S. Nazzaro e Groppo. Ma ad una curva della strada prima di Vidiano succede ciò che non si sarebbero mai aspettati e che non era mai avvenuto in provincia di Piacenza: l’automezzo è investito da una intensa scarica di fucileria, due agenti sono colpiti a morte e quattro feriti. E’ un agguato che segna nel piacentino l’inizio della resistenza armata collettiva al regime fascista di Salò. Inizio significativo anche perché a fronteggiare i 15 agenti giunti da Piacenza nel territorio del comune di Piozzano per catturare i locali renitenti al reclutamento fascista non è una formazione partigiana ma sono una trentina di abitanti locali, giovani e meno giovani forniti in gran parte di fucili da caccia. I caduti furono due carabinieri, vittime dell’utilizzo che il fascismo cercava di farne contro la popolazione. In seguito molti di essi passarono, con Fausto Cossu, nelle formazioni partigiane.

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