Verso il Pug, Legacoop “Ripensare viale Dante e via Colombo con aree culturali e aggregative”

La città di Piacenza sarà ridisegnata dal Piano urbanistico generale (Pug), lo strumento di pianificazione e governo del territorio che il Comune sta mettendo a punto da oltre un anno – insieme a enti, associazioni di categoria, sindacati e cittadini – e che tocca diversi punti cruciali della vita economica, ambientale, sociale, lavorativa cittadina. Centrali sono i temi della rigenerazione urbana e del consumo di suolo, ineludibile e perentoria l’intenzione della giunta di non espandere la città (ne è un esempio la decisione di costruire il nuovo ospedale nell’area 5 della “Madonnina”, interna alla tangenziale, anziché nell’area 6 delle “Novate”, esterna). Ci sarà posto anche per la mobilità “dolce” che contrasterà la “dittatura” delle auto, oltre a un generale ripensamento di luoghi strategici e porzioni di città come il fronte fluviale, la zona della stazione, il comparto logistico. La pluralità di aspetti toccati porta il Comune, che ha preventivato la chiusura del Pug entro il 2024, a prendere coscienza delle istanze e delle esigenze esposte dai rappresentanti di tutti i settori economici, sociali, produttivi, lavorativi, formativi, sanitari. Numerosissime le idee e le posizioni emerse da novembre 2022 – quando l’iter del piano è iniziato nella Cappella Ducale di Palazzo Farnese – fino ad oggi: questo il motivo per cui, avvicinandoci sempre più alla stesura definitiva, abbiamo fatto una sintesi dei “desideri” e delle perplessità delle realtà del territorio. Per Legacoop Emilia Ovest, chi stende il Pug dovrebbe ascoltare le idee dei giovani, che vivranno la città anche nel futuro. Da ripensare le aree di Piacenza che vanno verso il degrado, incentivando il senso di comunità. (fp)

Il progetto della città, secondo il vicepresidente di Legacoop Emilia Ovest Fabrizio Ramacci, deve spettare ai giovani. “Devono essere loro a esprimersi, c’è bisogno di idee nuove. Tra vent’anni saranno loro, non noi, a vivere davvero la città: è giusto chiedere a loro che futuro desiderano”. Sempre per i giovani, Ramacci ipotizza la realizzazione di “aree pubbliche destinate alla pratica sportiva“. Un passo in questa direzione, per la verità, il Comune lo sta già facendo con il progetto di un nuovo campo da basket alla Farnesiana e di uno skatepark all’Arena Daturi. “Oggi i giovani che vogliono praticare sport sono costretti a farlo a pagamento – dice il vicepresidente di Legacoop – perché non ci sono molte aree libere attrezzate”. Questa sarebbe la soluzione anche al problema dell’individualismo. “Manca la possibilità di fare comunità: chi oggi è portato a condividere gli spazi, penso agli immigrati, viene spesso visto male. Ma è quello che facevamo anche noi fino a non troppi anni fa”.

L’analisi di Ramacci, oltre alla riflessione “generazionale”, si concentra sul riutilizzo delle aree dismesse, in particolare quelle militari. “L’area di viale Malta (parzialmente usata dal Polo di mantenimento pesante nord, nda) si potrebbe usare come sede per diverse istituzioni e servizi pubblici. Penso, ad esempio, alla Prefettura e alla Provincia, che attualmente sono ospitate in palazzi vecchi ed energivori“. Un’altra idea per le aree militari riguarda il sociale. “A Piacenza c’è bisogno di realizzare nuove case per gli anziani, colpiti spesso dalla solitudine in case da 100 metri quadrati. Creare mini appartamenti per gli anziani in aree militari poste nei pressi del centro della città permetterebbe loro di sviluppare un miglior senso di comunità”.

Piacenza, secondo il cooperatore, è “baricentrica sia per la logistica che per l’abitare e la conoscenza”. Per questo, sempre nell’ottica del “creare occasioni di comunità”, bisognerebbe riqualificare alcune aree della città, come ad esempio “il retro di viale Dante e di via Colombo“, per creare una Piacenza “bella, abitabile, servita, con scuole e negozi”. “Nel nostro tessuto urbanistico ci sono aree che si stanno degradando. Servirebbe una riqualificazione che vada verso la verticalità: in viale Dante non ci sono parcheggi né aree verdi, quando negli anni ’50 e ’60 sono stati costruiti gli edifici si pensava più alla quantità che alla qualità. Una nuova visione ‘verticale’ restituirebbe vita a queste zone della città, permettendo di usare gli spazi per fini culturali o semplicemente aggregativi“. “Quando si parla di opere di compensazione – dice Ramacci – si parla solo del verde, che è importantissimo ma non è l’unica soluzione. Bisognerebbe tuttavia pensare anche a spazi aggregativi, campi da basket, asili nido”.

Quanto alla qualità dell’aria e alla riqualificazione del Po, un punto importante nell’agenda del Comune di Piacenza che da poco ha progettato un percorso ciclabile dal centro città al Po e ha ripulito un’area degradata in via Nino Bixio, Fabrizio Ramacci riporta in auge una vecchia idea: spostare la bretella dell’autostrada A21, che passa a pochi metri da piazza Cavalli, per “usare un pezzo di Po“. “Non basterebbe, ma sarebbe un primo passo per rivivere la zona del Grande Fiume”, afferma Ramacci. L’ultima riflessione del vicepresidente di Legacoop riguarda la logistica e, in particolare, il destino delle strutture nel futuro. “I capannoni hanno un tempo di vita limitato, fra vent’anni cosa faremo di uno stabile come quello di Ikea, che avrà 50 anni di vita? Avranno ancora un potenziale utilizzo?”. Al dilemma, Ramacci prova a ipotizzare una risposta. “Si potrebbe vincolarli all’uso che hanno. Così si evita il rischio che, per un doppio guadagno, i proprietari si vedano riclassificare le aree ad altro utilizzo”. Altrimenti, in un’ottica di “consumo di suolo negativo”, le aree dei capannoni obsoleti “potrebbero essere destinate alla collettività per fini aggregativi e culturali”.

_Francesco Petronzio

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