Più smart working e congedi per i papà, meno differenze di reddito: l’accordo sul lavoro femminile

Rafforzare il protagonismo della donna nel lavoro, nell’economia e nella famiglia, contrastare gli stereotipi di genere, tutelare la genitorialità e la qualità del lavoro femminile. Questi alcuni degli obiettivi del documento d’intesa che nella mattinata del 5 marzo sindacati confederali, istituzioni e associazioni di categoria hanno firmato nella sede della Provincia di Piacenza. In particolare, si legge nel documento, l’accordo è finalizzato a “una migliore qualità del lavoro femminile, valorizzare e rafforzare il ruolo e il protagonismo della donna nel lavoro, nell’economia e nella famiglia con l’obiettivo di favorire una cultura improntata alle pari opportunità, al rispetto e alla valorizzazione delle differenze, al contrasto degli stereotipi di genere, al superamento delle condizioni di esclusione economica e sociale delle donne, alla tutela della genitorialità e alla promozione di uno sviluppo sostenibile, equo e inclusivo che valorizzi il contributo di tutte le cittadine e i cittadini”. A firmarlo i rappresentanti dei sindacati Cgil, Cisl e Uil (e i coordinamenti donne e pari opportunità), le associazioni di categoria Confindustria, Confapi, Cna, Confcommercio, Confcooperative, Confesercenti e Legacoop Emilia Ovest e le istituzioni. A porre la firma sul documento il prefetto Paolo Ponta, la presidente della Provincia Monica Patelli (presente anche la consigliera Claudia Ferrari), le assessore al welfare e alle pari opportunità del Comune di Piacenza Nicoletta Corvi e Serena Groppelli, e poi Ausl di Piacenza, Ispettorato territoriale del lavoro di Piacenza e Agenzia regionale per il lavoro della Regione Emilia-Romagna.

protocollo donne lavoro Provincia

L’accordo prevede una serie di azioni finalizzate a garantire la conciliazione dei tempi di vita delle donne, a partire da modalità di lavoro flessibili (coworking e smart working) e congedi di genitorialità per gli uomini fino a interventi più strutturali per abbattere il “gender gap pay” (ovvero la differenza di salario a parità di mansione tra uomini e donne), creare un welfare sempre più inclusivo e diffondere l’uso di un linguaggio e di una comunicazione istituzionale e mediatica rispettosa del genere e delle differenze. E nelle scuole favorire l’accesso delle ragazze ai percorsi Steam. “Un’attenzione particolare viene data alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle donne e alla qualità del lavoro femminile: vogliamo essere d’aiuto in modo concreto e attivo al percorso di vita di una donna garantendo il suo diritto ad affermarsi nel lavoro: queste le linee guida” ha sintetizzato Monica Patelli. “Un protocollo che mette a terra principi che nella Costituzione sono presenti da sempre – le parole del prefetto Paolo Ponta -: i diritti della donna lavoratrice, della famiglia e della possibilità di conciliare vita familiare, vita lavorativa e vita sociale. Questi principi hanno fondato una nuova civiltà e noi dobbiamo riprendere queste cose e adattarle alla società odierna. La Repubblica segue queste iniziative con grande interesse perché sono la concreta attuazione di principi che fanno parte della Costituzione”. “È un passo ulteriore verso uno sforzo, che stiamo facendo in maniera pressante, verso un’armonizzazione del pensiero e delle azioni – ha detto Nicoletta Corvi -. Il contenuto vale come metodo: il protocollo è l’esito di un processo metodologico. Mettere insieme tante teste è uno ‘sforzo’ di senso, ringrazio tutte le donne del sindacato con cui lavoriamo a stretto contatto e ci consentono oggi di arrivare a un risultato importante”.

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Stefania Pisaroni, referente del Coordinamento donne della Cgil di Piacenza, spiega che “questo protocollo andrà a integrare i contratti collettivi di lavoro già esistenti ma soprattutto quelli non esistenti, in particolare per le categorie in cui non sono previsti questi diritti per le donne. Andrà a integrare e rafforzare le politiche lavorative delle donne in tema di conciliazione, valorizzazione professionale, certificazione di genere. Pensiamo che il nostro territorio, così come ha già dimostrato negli anni passati, sia pronto a recepire questi cambiamenti: sono tematiche che non possono più rimanere sullo sfondo e avere un’importanza secondaria; anche alla luce dei cambiamenti della nostra società, queste tematiche devono avere un’importanza primaria”. Le fa eco la referente del Coordinamento pari opportunità della Cisl di Parma e Piacenza Cristina Niglio: “Questo documento è finalizzato a dare sostegno, integrazione a tutte quelle criticità che spesso ci vengono segnalate nelle nostre sedi sindacali. È un documento che è stato fortemente voluto, condiviso con le associazioni datoriali e per la prima volta anche con le istituzioni locali, affinché non si creino più quelle disomogeneità che ancora oggi verifichiamo quando una donna è costretta a rinunciare al proprio lavoro per occuparsi dei figli e della famiglia. È un documento importante che, oltre a creare possibilità di contrattazione collettiva, si prefigge anche la finalità di andare a integrare azioni di welfare in tutti i contesti lavorativi e socio-familiari, e quindi cercare di conciliare il più possibile i tempi di vita e lavoro e dando sostegno concreto ed effettivo a tutte le donne che in questo momento storico, ahimè, sono le parti più vulnerabili e più colpite in ambito lavorativo”. Mariagrazia Papamarenghi, referente del Coordinamento pari opportunità della Uil, sottolinea come “le maggiori difficoltà per le donne sono innanzitutto nel ‘tenere’ il lavoro: la donna da sempre è vista come quella che risolve i problemi della famiglia e della società. Ci sono dei dati regionali che ci dicono questo: le donne che riescono a tenere il proprio lavoro sono, in percentuale, molto meno rispetto agli uomini. Un altro dato importante è quello della differenza retributiva a parità di professione tra donne e uomini: sia nel pubblico che nel privato abbiamo visto che mediamente una donna percepisce circa 9mila euro annui in meno rispetto a un lavoratore maschio. Altro dato le vittime di violenza sul posto di lavoro, che interessa prevalentemente le donne ai vertici delle istituzioni, delle aziende, eccetera. Sono loro, insieme alle laureate, che hanno i maggiori problemi di mobbing, violenze sessuali e quant’altro”.

Dal Bilancio di genere 2023 della Regione Emilia-Romagna, su dati 2021, emerge che il tasso di occupazione femminile è del 66,1% contro l’81% maschile (“gender gap” del 14,9%) e il part-time involontario è del 13,3% per le donne e del 3% per gli uomini (-9,7%). Fra chi invece sceglie di lavorare part-time per la cura dei figli o delle persone fragili, il 33% sono donne, solo il 4,8% uomini (differenza del 28,5%), forbice che si riduce un po’ per quanto riguarda la scelta del tempo parziale per altri motivi familiari: 38,5% sono donne, 13,9% uomini (“gap” del 24,6%). Sia nel privato che nel pubblico, escludendo agricoltura e lavori domestici, le donne guadagnano mediamente 9mila euro in meno all’anno rispetto agli uomini. In particolare, nel privato le donne percepiscono in media 18mila 500 euro, gli uomini 23mila700; nel pubblico il reddito medio femminile è di 27mila 400 euro contro i 36mila 800 euro degli uomini. L’unico dato discordante riguarda il tasso di occupazione dei laureati: qui la forbice fra uomini e donne cambia. L’82,3% delle donne laureate lavora contro l’86% degli uomini.

A pagina 2 gli obiettivi dell’accordo e gli impegni fra le parti

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