Pradella davanti a 300 studenti “Un clic può rovinare la vita, la giustizia è responsabilità di tutti”

Oltre trecento studenti di scuole superiori della città e della provincia hanno assistito a una lezione speciale, nella mattinata del 14 marzo all’ex Carmine di Piacenza: in cattedra la procuratrice capo della Repubblica Grazia Pradella, invitata dalla commissione legalità del Comune di Piacenza, presieduta da Massimo Trespidi. La procuratrice ha toccato vari temi, anche sollecitata dalle domande degli studenti: dal bullismo, ai reati del web, passando per la mafia e il ricordo di un pranzo con Paolo Borsellino. Ai cronisti Pradella ha spiegato la volontà di portare agli studenti la sua esperienza professionale: “Con esempi reali cechiamo di spiegare cos’è nella vita di tutti i giorni la legalità e come loro possano avvicinarsi ad uno stile di vita improntato alla regole. La legalità deve essere per gli studenti un valore assoluto sia nelle piccole che nelle grandi cose e bisogna riflettere che questo è un periodo in cui tutti i meccanismi di comunicazione sono o alterati o comunque enfatizzati dagli strumenti informatici e cercherò di affrontare anche questo problema”. Accompagnati dai docenti, ad ascoltare e dialogare con la procuratrice gli studenti degli istituti Colombini, Gioia, Romagnosi, Tramello-Cassinari, San Benedetto, Marconi (Piacenza), Mattei (Fiorenzuola) e Raineri Marcora (Castel San Giovanni).

Pradella Trespidi commissione legalità

Pradella ha raccontato così la scelta di intraprendere una professione così delicata: “Noi magistrati mettiamo le mani nella miseria della vita. Abbiamo sempre a che fare con qualcosa di inaspettato e dobbiamo trovare il modo per risolverlo. Ho iniziato a 23 anni, ero il più giovane magistrato d’Italia. Il mio primo incarico fu in Corte d’Assise, che si occupava principalmente di omicidi e reati gravi. Nessuno voleva andarci, e quindi venivamo mandati noi giovani. In realtà la mia passione era la matematica, ma un episodio mi fece cambiare radicalmente idea. Sono nata tra Comasina e Quarto Oggiaro, un quartiere in cui la criminalità organizzata la faceva da padrona. Quando avevo 16 anni una notte sentimmo dei colpi d’arma da fuoco, di solito non ci stupivamo neanche più di tanto. Quella notte i colpi di mitra furono tanti, apprendemmo che un amico di famiglia, un medico collega di mio padre, era rimasto ucciso in un conflitto a fuoco tra le bande Vallanzasca e Turatello. Una morte totalmente inutile, di una persona che tornava a casa dopo 11 ore di lavoro. Iniziai a pensare che non era giusto, in casa mia nessuno si occupava di giustizia. Dissi a mio padre che volevo fare il magistrato, i miei genitori accettarono il mio volere e così mi iscrissi a giurisprudenza. E passai dall’altra parte, con la toga, a giudicare. Sentivo che quella era la mia strada, anche se all’inizio la realtà fu durissima”.

“Il mio secondo processo in Corte d’Assise fu a una ‘ndranghetista rea di 41 omicidi, noi la stavamo giudicando per gli ultimi tre. Nella motivazione dell’ergastolo, quella che giustifica l’assenza di attenuanti, scrissi ‘crudeltà organizzata’. Avevo 24 anni, quella fu la prima svolta della mia carriera. Avevo fatto niente di diverso dal mio dovere. Poi però capii che la mia inclinazione era fare le indagini, diventare un pubblico ministero, ossia quello che scopre i colpevoli e li porta a processo”. Pradella ha poi raccontato un episodio di stupro accaduto a Milano a luglio 2010. “Ero in ospedale perché mio figlio piccolo aveva una crisi di disidratazione. Quella notte ero di turno, significa che qualunque cosa succedesse in città passava da me. E non avevo chiesto la sostituzione. Mi chiamò la polizia dicendomi che era accaduto uno stupro di gruppo in un quartiere residenziale di Milano: una ragazza di 19 anni era stata rapinata e violentata da cinque persone mentre era col suo fidanzato”.

La chiave per risolvere il caso fu una telefonata fatta da uno degli stupratori prima di cambiare la sim al cellulare rubato alla ragazza (Elena, nome di fantasia). “La vittima la incontrai il giorno dopo, era irriconoscibile per quanto era stata picchiata. La prima cosa che mi disse era: per favore, mi dia giustizia. Il ragazzo rapinato insieme a lei si rifiutava di collaborare, diceva di non aver visto nessuno in faccia. La ragazza invece aveva passato tutto il tempo degli stupri a fissare quei volti. Lei me li indicò tutti, uno a uno. Così li abbiamo presi. Da quel momento, ogni volta che dava un esame alla facoltà di giurisprudenza mi chiamava per dirmelo. Lei mi chiese di sentire la requisitoria, la più difficile della mia vita, dovetti entrare nei particolari di cinque stupri con dettagli allucinanti. Quando arrivò il momento della laurea, sua madre mi invitò. Elena si alzò e, prima di iniziare la discussione della tesi, disse: io dedico questa tesi a una persona che mi ha insegnato che cos’è la giustizia“. “Le persone hanno fame di giustizia – ha sottolineato Pradella -. Anche quelle che hanno subìto un gravissimo reato, se vengono ripagate dallo Stato sono aiutate a superare il trauma. Adesso questa donna fa l’avvocato, spesso è parte civile nei reati di sangue. C’è sempre un modo di avere giustizia, di essere ripagati di un torto subìto. Il compito dei magistrati è cercare di capire come rendere giustizia, ma c’è sempre bisogno della collaborazione della parte offesa. Se i cittadini non collaborano, noi non facciamo niente. È un’illusione pensare che la responsabilità sia solo della magistratura. Il concetto di giustizia passa attraverso tutti, parte offesa, cittadini, forze dell’ordine, magistratura”.

incontro Pradella studenti Carmine

Pradella ha parlato anche del bullismo e dei reati che corrono sul web. “Nelle vostre chat si leggono spesso minacce e insulti – ha rilevato – ma quasi tutti non sarebbero in grado di fare lo stesso di persona. Fate attenzione, con un clic rovinate la vita a una persona, che si sente colpita nella sua intimità. E poi il revenge porn, che è un delitto gravissimo: ci sono persone che tentano il suicidio e alcune ci sono anche riuscite. Ogni giorno ho a che fare con fatti di bullismo, io sono preoccupata di vedere una generazione che si affida totalmente al mezzo informatico senza critica”. Una studentessa, Chiara, ha rivolto la seguente domanda al procuratore: “Se avesse dovuto motivare l’accusa dei colpevoli degli omicidi di Falcone e Borsellino cosa avrebbe scritto?” “Ero a un convegno a Palermo ed ebbi la fortuna di pranzare con Paolo Borsellino, – la risposta di Pradella – un uomo particolarmente paterno. Lui mi disse: Finché puoi, stai attenta. Una frase che mi è risuonata nella mente a lungo, lui non aveva più potuto stare attento. Il magistrato deve cercare di far sì che la paura non determini le nostre azioni. Nella storia di Falcone e Borsellino ci sono molte variabili che fanno capire che non tutte le istituzioni hanno fatto fino in fondo il proprio dovere. Se in una perquisizione non si perquisisce il covo di Totò Riina c’è qualcosa che non va. Lì probabilmente avremmo trovato la storia della mafia. Se avessi avuto in mano quelle indagini avrei fatto di tutto per fare le cose come andavano fatte per rendere giustizia a quei colleghi. Per anni mi sono occupata di terrorismo, sia interno che jihadista. All’estero vedono l’Italia come la Bibbia dell’investigazione. Abbiamo metodi che all’estero si sognano. Sul terrorismo è fondamentale collaborare, purtroppo ci sono alcuni Stati europei che non lo fanno”.

Pradella Trespidi commissione legalità

Sulla carenza di personale della Procura di Piacenza, Pradella ha fatto notare che “la situazione emergenziale è migliorata, certamente siamo ancora sotto organico perché partivamo da una carenza di personale amministrativo di oltre il 50 per cento e ci aspettiamo aiuti più stabili e studiati per risolvere le tante problematiche di una procura vivace come quella di Piacenza. La realtà non è mai specchiata agli occhi di un procuratore perché ovviamente noi incidiamo nelle problematiche dell’illecito, certamente questa è una città che ha affrontato grosse problematiche sulla legalità, come il processo alla caserma Levante ma le ha superate con consapevolezza”. Il presidente della commissione Massimo Trespidi, nella sua introduzione ha sottolineato che “la legalità non è solo una parola è un atteggiamento, una regola della vita”. “Ci rivolgiamo ai giovani perché sono la scintilla e la scossa per il cambiamento che è necessario. Grazia Pradella è stata l’ultima a occuparsi della strage di Piazza Fontana, si è occupata della cosiddetta “Clinica degli orrori” e di altri casi giudiziari importanti”.

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