La montagna piacentina torna a crescere, 53 residenti in più. Boom Cerignale (+5,3%)

Torna a crescere la popolazione nei paesi della montagna piacentina. Dopo le variazioni negative registrate negli ultimi decenni, alla fine del 2023 i residenti sull’Appennino sono aumentati di 53 unità (su 14.068 totali), con una variazione in termini percentuali del +0,4%. Minima, ma molto significativa. Il comune montano più cresciuto è Cerignale, che a fine 2023 ha registrato sei abitanti in più dell’anno precedente, che in termini percentuali si traducono in un +5,3%. Crescono anche, seppur con percentuali minori, Coli, Zerba, Bettola, Ferriere e Alta Val Tidone. In generale, cresce ancora la popolazione della provincia di Piacenza, che arriva a 287mila 241 abitanti. Il dato è aggiornato al 31 dicembre 2023 ed è più alto di 889 unità rispetto a quello dell’anno precedente. Continua dunque il trend ascendente della popolazione, costante dal 2021. Cala invece di venticinque unità la popolazione straniera residente sul territorio piacentino (da 43mila 918 a 43mila 893), una differenza talmente minima che non fa cambiare la percentuale di stranieri (15,3%) sul totale della popolazione. Di conseguenza sale la popolazione di cittadinanza italiana (+914 unità), un incremento tuttavia dovuto esclusivamente alla componente dei cittadini italiani nati all’estero (+1.649, dove un peso predominante assumono le acquisizioni di cittadinanza da parte degli stranieri), che vanno a più che compensare le perdite di popolazione registrate dai cittadini italiani nati in Italia (-735).

I dati emergono dal rapporto congiunturale numero 45 di Piacenz@ Economia Lavoro e Società, presentato nella mattinata del 26 giugno nella sede della Provincia di Piacenza. Dopo i saluti istituzionali della presidente della Provincia Monica Patelli e del presidente della Camera di Commercio dell’Emilia Stefano Landi, Matteo Ruozzi (Camera di Commercio dell’Emilia) ha mostrato e commentato il rapporto congiunturale di Piacenz@ e Antonio Colnaghi (Ufficio statistica della Provincia di Piacenza) si è soffermato sul Bes delle province – rapporto Piacenza 2023. A seguire, i commenti di Monica Veneziani (coordinatrice del corso di laurea in Management per la sostenibilità dell’Università Cattolica di Piacenza) e di Paolo Rizzi (direttore del Laboratorio di economia locale dell’Università Cattolica di Piacenza). L’incontro è stato condotto e moderato dal direttore generale della Provincia di Piacenza Vittorio Silva.

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La zona altimetrica che è cresciuta di più nel 2023 in termini di popolazione è la collina (+517 unità), poi la pianura (+319) e la montagna (+53). Passando alle variazioni demografiche a livello comunale, nel capoluogo Piacenza la popolazione totale è diminuita di 47 residenti (-0,05%), in particolare per l’assenza di una spinta da parte degli stranieri, che infatti diminuiscono di 406 unità (-2,0%), rappresentando adesso il 19,5% della popolazione complessiva. La popolazione di cittadinanza italiana è invece aumentata di 359 unità: +747 i cittadini italiani che sono nati all’estero, e -388 gli italiani nati in Italia. La dinamica demografica è stata poco intonata anche a Castel San Giovanni, il comune contraddistinto dalla maggior incidenza di stranieri della provincia (alla fine del 2023 sono il 23,9% dei residenti totali), che registra un debole +0,1% per la popolazione complessiva (17 unità in più), ma un -1,1% per la componente non italiana (-37 residenti). In leggera crescita è risultata nel corso del 2023 anche la popolazione residente a Fiorenzuola d’Arda, 35 abitanti in più, pari a +0,2%, rimanendo così sopra la soglia dei 15mila residenti, mentre Rottofreno, l’altro comune con più di 10mila abitanti, ha mostrato un tasso di sviluppo sensibilmente più elevato, +0,4%, -32 unità gli stranieri, +84 gli italiani.

Da un punto di vista delle diverse zone altimetriche, nel corso del 2023 nelle aree montane (14.068 abitanti) la popolazione è finalmente cresciuta (dello 0,4%, +53 residenti), dopo le variazioni negative registrate nel 2022 (-0,5%), nel 2021 (-2,0%) e più in generale negli anni precedenti. Emergono qui Cerignale (+5,1%), Coli (+1,8%) e Zerba (+1,4%) in Val Trebbia, Bettola (+1,8%) e Ferriere (+0,3%) in Val Nure, ma anche Alta Val Tidone (+0,8%). L’ambito collinare (80.998 residenti) è quello che conosce l’incremento maggiore della popolazione a livello provinciale, sia in termini assoluti (+517 unità su 889 nel complesso) sia in termini percentuali (+0,6%), e questo grazie in particolare alle dinamiche positive di Agazzano (+1,6%), Borgonovo (+1,4%), Castell’Arquato (+0,9%), Lugagnano (+0,7%), Pianello (+0,6%), Ponte dell’Olio (+0,9%), Rivergaro (+0,9%) e Ziano (+1,5%). L’ambito di pianura (192.175 abitanti) ha evidenziato invece il tasso di variazione demografica meno elevato (+0,2%, corrispondente a 319 residenti in più), a causa soprattutto della stagnazione del capoluogo (-0,05%), ma anche di uno scarso dinamismo nei centri urbani della prima (+0,4%) e seconda cintura (+0,2%) di Piacenza. Da notare, al riguardo, il calo di popolazione che si osserva a Gossolengo, Gragnano (entrambi con un -0,4%) e Vigolzone (-1,0%). I comuni che hanno segnato nel 2023 i tassi più consistenti dello sviluppo demografico sono stati Cerignale e Gazzola, con valori superiori al 2%, e Castelvetro, Coli, Bettola, Agazzano, Ziano, Borgonovo, Zerba, Besenzone, Caorso e Pontenure, con valori compresi tra l’1 e il 2 per cento. Morfasso (-3,0%), Villanova (-1,4%), Farini (-1,0%), Vigolzone (-1,0%), Ottone (-0,9%) e San Pietro in Cerro (-0,9%) sono stati i comuni che all’opposto hanno evidenziato le maggiori variazioni negative di popolazione. Nel complesso, i Comuni piacentini dove nel corso del 2023 è cresciuta la popolazione risultano 36 (il 78%), contro i 27 del 2022 (il 59%).

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Sempre in base alle elaborazioni regionali, alla data del 31 dicembre 2023 le famiglie residenti in provincia di Piacenza ammontano a 132.498 unità, 596 in più rispetto all’anno precedente. In particolare, sono aumentati i nuclei formati da un solo componente (le famiglie unipersonali: +545) e da due componenti (+176), mentre sono diminuite le famiglie con tre (-116) e quattro (-146) individui. In crescita sono risultate anche le famiglie più numerose, quelle con cinque (+81) e sei o più componenti (+56). Tra le persone che vivono da sole (le famiglie unipersonali), il 30% circa (15.111 individui su 52.185) ha un’età uguale o superiore a 75 anni, e di queste più di 5.600 abitano nel capoluogo.

FORZA LAVORO – Sono cresciuti di circa cinquemila unità gli occupati nel 2023 a Piacenza (130mila): di questi, circa duemila sono uomini e tremila donne. Il tasso di occupazione (15-64 anni) è salito dal 68,8 al 70,6%, con un aumento più marcato per le donne (da 59,8 a 62,6%), che comunque mantengono un tasso più basso rispetto agli uomini. Il tasso di occupazione maschile è salito dal 77,6 al 78,4%. Pressoché stabile il tasso di disoccupazione (da 6,5 a 6,4%) che per gli uomini sale di 0,2 punti percentuali (5,1%) mentre per le donne cala di 0,5 (8%). Il tasso di attività della popolazione fra 15 e 64 anni è del 75,5% (nel 2022 era 73,6%): sale sia per gli uomini (+1,1%) che per le donne (+2,7%).

IMPRESE – È calato nel 2023 il numero di imprese registrate a Piacenza: 28mila 673, che significa 375 in meno rispetto alle 29.048 dell’anno precedente. Fra le componenti della variazione, il calo delle iscrizioni (-42) e l’aumento delle cessazioni totali (+457). Le cessazioni d’ufficio sono state 330, nel 2022 erano state 20. Al netto delle cancellazioni d’ufficio, Piacenza ha perso 49 imprese nell’ultimo anno. In dieci anni, ne ha perse ben 2.085, il 7% delle imprese complessive. Il totale delle imprese registrate nel 2023 a Piacenza è composto per la maggior parte da imprese artigiane (7.914), che sono cresciute di 54 unità rispetto all’anno precedente. In aumento anche le imprese straniere (+233 unità) che costituiscono il 14,6% dell’economia locale, un dato che fa di Piacenza l’undicesima provincia italiana per il rapporto fra le imprese straniere e quelle registrate. In ordine di importanza si riscontra una incidenza maggiore in valore assoluto nel settore delle costruzioni, commercio e alloggio e ristorazione, che rappresentano oltre il 68% delle imprese straniere. Le imprese femminili che hanno sede nella nostra provincia sono 6.166 (confermato il 21,5% delle imprese registrate) e risultano in calo rispetto all’anno precedente (-89 unità), rispetto al sostanziale pareggio del 2022. Il settore “preferito” dalle imprenditrici è quello del commercio (ingrosso e dettaglio) e riparazione auto-moto (1.512 imprese registrate), seguono agricoltura, silvicoltura e pesca (948 imprese), altre attività di servizi (760) e attività dei servizi di alloggio e ristorazione (748). Lieve calo delle imprese giovanili, che scendono a una consistenza di 2.096 unità e fanno rilevare un decremento, rispetto al 2022, di 18 aziende con titolari “under 35”, con un’incidenza del 7,3% sul totale delle imprese. Calano anche le imprese cooperative, sono 483 quelle registrate a Piacenza (256 quelle attive) con un saldo di -7 escluse le cessazioni d’ufficio.

INDUSTRIA – Anche nel piacentino il 2023 è stato caratterizzato da un ulteriore progressivo rallentamento del ritmo di crescita dell’attività industriale, che ha avuto la massima intensità nel corso del primo trimestre dell’anno quando si è avuto un incremento della produzione del 5,6 per cento, ma che nello scorso autunno si è ridotta allo 0,9 per cento. Quindi, lo scorso anno si è chiuso ancora in positivo, con una crescita della produzione industriale del 2,8 per cento in provincia di Piacenza. Al contrario, l’andamento della produzione dell’industria regionale è divenuto negativo dal secondo trimestre 2023 e l’anno si è chiuso con una sua leggera flessione (-0,5 per cento). I due risultati sono però direttamente difficilmente confrontabili per effetto del diverso ruolo che i settori di attività hanno nella manifattura regionale e in quella piacentina. L’andamento nel corso dell’anno delle quote delle imprese che hanno rilevato un aumento della produzione e di quelle che ne hanno riferito una riduzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente e del relativo saldo permette di considerare l’ampiezza e la diffusione della tendenza economica prevalente. Dopo un aumento della diffusione della tendenza positiva nei primi tre mesi dell’anno, la spinta della crescita è andata decisamente affievolendosi e anche se nel corso dell’anno la quota delle imprese industriali che ha segnalato un calo della produzione è salita solo leggermente, il saldo dei giudizi delle imprese è precipitato da 38,6 punti nel primo trimestre a -0,6 a fine anno. La pressione inflazionistica è risultata in fase di rientro nel corso del 2023, ma ha comunque sostenuto la crescita del fatturato (+4,4 per cento), che è risultata sensibilmente superiore a quella della produzione. Infatti, i prezzi industriali del manifatturiero rilevati da Istat a livello nazionale hanno avuto un aumento tendenziale dell’1,8 per cento lo scorso anno. Pur non potendo tenere conto della diversa composizione tra la produzione manifatturiera nazionale e quella della manifattura piacentina, il dato nazionale dell’inflazione dei prezzi alla produzione lascia supporre che in termini reali le vendite complessive dell’industria manifatturiera provinciale possano avere avuto un vero aumento anche in termini reali, ma più contenuto di quello rilevato in termini monetari.

La dinamica positiva è stata sostenuta dall’andamento del fatturato estero (+7,2 per cento) che è cresciuto più rapidamente della componente domestica. Considerando che i prezzi industriali dei beni destinati all’esportazione del manifatturiero hanno avuto un aumento tendenziale dell’1,9 per cento in media nello scorso anno, anche senza potere considerare la diversa composizione tra le esportazioni della manifattura nazionale e di quella provinciale, l’incremento delle vendite estere dovrebbe essere risultato sostanzioso anche in termini reali. Ma le prospettive future non appaiono affatto rosee. La crescita degli ordini complessivi si è azzerata nel secondo trimestre dello scorso anno, l’andamento è divenuto negativo con l’estate e particolarmente pesante nell’ultimo quarto dell’anno, tanto da condurre a una riduzione degli ordini del 1,7 per cento nel 2023. La componente degli ordini provenienti dall’estero ha avuto una flessione solo lievemente più contenuta (-1,4 per cento), ma ha subito un pesantissimo finale d’anno. In entrambi i casi, l’andamento dei prezzi industriali nello scorso anno suggerisce che la tendenza degli ordini, domestici ed esteri, sia stata ulteriormente più pesante in termini reali. In questa fase di Inversione di tendenza il grado di utilizzo degli impianti è andato riducendosi rapidamente fino al 77,4 per cento fatto segnare lo scorso autunno, anche se nell’insieme del 2023 ha toccato l’80,8 per cento e le settimane di produzione assicurata dal portafoglio degli ordini acquisiti si sono mantenute poco oltre le 16.

COSTRUZIONI – Dopo la decisa revisione a metà febbraio 2023 dei “super bonus” introdotti in precedenza a sostegno delle costruzioni, il settore ha vissuto una fase arretramento e poi di stasi tra aprile e settembre, ma definito il quadro normativo, nel corso dell’autunno il volume d’affari a prezzi correnti delle costruzioni è risultato in leggera ripresa rispetto allo stesso periodo del 2022 (+1,5 per cento) e ha chiuso l’anno sostanzialmente invariato a fronte di un incremento contenuto del volume d’affari a prezzi correnti delle costruzioni regionali (+1,9 per cento). I giudizi delle imprese in merito all’andamento del volume d’affari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ci permettono di valutare la diffusione della tendenza dominante in atto. A fronte delle incertezze indotte dalla revisione della normativa, nel secondo trimestre dello scorso anno il 38,8 per cento delle imprese delle costruzioni aveva dichiarato di avere subito una flessione del volume d’affari rispetto all’anno precedente, ma definito il quadro normativo, questa percentuale si è rapidamente ridotta e nell’autunno il 29,2 per cento delle imprese ha segnalato un incremento del volume d’affari. Quindi, a fine 2023 il saldo dei giudizi delle imprese era salito a +14,7 ben al di sopra della quota toccata alla fine del 2022.

COMMERCIO AL DETTAGLIO – Rispetto al complesso del dettaglio regionale le vendite del commercio al dettaglio piacentino hanno risentito meno delle conseguenze della pandemia nel 2020 (-5,7 per cento) e hanno avuto una più rapida ripresa sia nel 2021 (+7,1 per cento), sia nel 2022 (+4,5 per cento). Ma dopo un’accelerazione nel primo trimestre dello scorso anno la tendenza delle vendite del commercio al dettaglio provinciale si è invertita in negativo e ha accusato leggere flessioni, mentre l’andamento a livello regionale si è mantenuto moderatamente positivo. Nonostante questi comportamenti difformi, al termine dello scorso anno le vendite del commercio al dettaglio sono aumentate dell’1,1 per cento sia in provincia di Piacenza, sia in Emilia-Romagna. Per valutare questi risultati occorre tenere presente che la crescita non ha tenuto il passo con l’andamento dell’inflazione. L’Istat ha rilevato in Emilia-Romagna un aumento del 5,0 per cento nella media dell’anno per l’indice generale dei prezzi al consumo, esclusi i beni energetici, nonostante si sia avviata una fase di rientro dell’inflazione già dalla scorsa primavera. Quindi, lo scorso anno le vendite correnti del dettaglio dovrebbero essere diminuite in termini reali. Nel corso del 2023 si è sensibilmente ridotta la diffusione della crescita delle vendite tra le imprese del dettaglio per come emerge dalla variazione dei giudizi delle imprese relativi all’andamento tendenziale delle vendite correnti. Il saldo dei giudizi si è mantenuto in campo positivo durante tutto l’anno, ma si è ridotto di oltre 40 punti, dal +48,4 dell’inverno 2023 al +7,0 dello scorso autunno, così come la quota delle attività del dettaglio che hanno ottenuto un aumento delle vendite rispetto allo stesso trimestre del 2022 è passata dal 59,2 per cento del primo trimestre al 35,7 degli ultimi tre mesi del 2023. Inoltre, occorre tenere presente che l’ampiezza della ripresa è stata estremamente differenziata per le diverse tipologie, dimensioni e strutture del dettaglio.

ARTIGIANATO L’artigianato manifatturiero. La recessione connessa alla pandemia, la ripresa successiva e l’attuale fase di nuova recessione legata al rallentamento del commercio mondiale e alla lotta all’inflazione hanno condotto a un’ampia revisione dei rapporti di fornitura, delle catene di produzione e dell’organizzazione interna delle imprese. Ne hanno sofferto maggiormente le imprese di minore dimensione. Quindi, non stupisce che l’artigianato manifatturiero piacentino nel 2020 abbia subito una caduta della produzione ben superiore a quella del complesso dell’industria provinciale e nel 2021 e nel 2022 abbia avuto un recupero dell’attività inferiore. Così, lo scorso anno la produzione dell’artigiano manifatturiero piacentino ha invertito la tendenza già dalla primavera, mentre l’andamento della produzione industriale restava positivo, e ha chiuso il 2023 con una leggera flessione (-0,8 per cento), che contrasta con l’ulteriore aumento della produzione ottenuto dalla manifattura provinciale (+2,8 per cento). Magra consolazione è il fatto che a livello regionale le cose sono andate peggio. La produzione dell’artigianato manifatturiero regionale è scesa del 2,7 per cento e anche quella del complesso della manifattura regionale ha subito un lieve arretramento (-0,5 per cento).

EXPORT – Valgono sei miliardi e 485 milioni di euro le esportazioni piacentine, che sono composte perlopiù dal settore della moda (un miliardo e 925 milioni, 30%) e della meccanica (un miliardo e 255 milioni, 19%). Piacenza è la decima provincia italiana col più alto rapporto export/Pil, la seconda in Emilia Romagna dopo Reggio Emilia. In un anno l’export è aumentato dell’8,6%. Tuttavia, seppur in calo (-4,4%), le importazioni valgono di più, con un volume pari a sette miliardi e 252 milioni. Un dato “normale” per una provincia che ospita un importante polo logistico. Piacenza importa molta elettricità-elettronica (31%, -7,6% rispetto al 2022) e moda (18%, +21,1% rispetto al 2022). Il paese verso cui Piacenza esporta di più è la Germania (14,9%, +32,9% rispetto al 2022), che supera la Francia ferma al 14,8% con un calo dello 0,1%. Al terzo posto la Spagna con il 7,5% (+8,7% rispetto al 2022) e al quarto la Cina con il 6,2% (+15% rispetto al 2022). La Germania è anche il paese da cui importiamo di più (15,9%), seguono i Paesi Bassi (10,2%), la Francia (8,5%) e la Cina (8,2%).

Sull’export però c’è da fare una precisazione. “La comprensione delle dinamiche commerciali di Piacenza richiede una lettura per singola impresa – scrive la Provincia nel report – nello specifico con la distinzione tra aziende con sede legale sul territorio e quelle che hanno solo sede operativa, quasi sempre commerciale e non produttiva. Le imprese che nel corso del 2023 hanno esportato da Piacenza, indipendentemente dalla sede legale, sono state 1.383, 125 in meno rispetto all’anno precedente. Le società con sede legale a Piacenza sono 739, 56 in meno rispetto al 2022, e realizzano il 42 per cento dell’export che ha origine dal territorio piacentino, in crescita del 4,3 per cento sul 2022. 560 imprese con sede in Italia ma non a Piacenza esportano dal territorio piacentino. Il numero delle esportatrici è in calo, 79 in meno, ma l’export vale circa un terzo del totale e registra una crescita superiore al 12 per cento. Delle 560 imprese italiane ma non piacentine 93 hanno sede in altre province dell’Emilia-Romagna, 129 a Milano; le società milanesi esportano da Piacenza per un valore prossimo a 1,5 miliardi, il 22 per cento di quanto commercializzato dalla provincia. Crescono le imprese estere che esportano da Piacenza, oggi sono 84, 10 in più rispetto a un anno fa. Complessivamente realizzano oltre un quarto dell’export del territorio, con un incremento nel 2023 dell’11,4 per cento.

Nessuna delle prime sei imprese che esporta da Piacenza è piacentina, quattro sono estere, due di Milano. La distribuzione delle esportatrici per valore di quanto commercializzato evidenzia una forte concentrazione: le prime dieci imprese raccolgono quasi la metà (49,4 per cento) del totale esportazioni, le prime 30 realizzano i tre quarti delle vendite all’estero, le prime cento coprono il novanta per cento. Ciò significa che 1.300 aziende delle 1.383 esportatrici complessivamente contano per circa il dieci per cento dell’intero valore commercializzato all’estero dalla provincia piacentina. La distinzione tra piacentine e non consente anche di far emergere un portafoglio export completamente differente”.

TURISMO – I dati regionali relativi al consuntivo della stagione turistica 2023 consegnano al territorio piacentino variazioni ancora positive dei flussi rispetto all’anno precedente, sia per quanto riguarda gli arrivi (+5,5%) che per quanto riguarda i pernottamenti (+3,2%), ma che risultano in decelerazione se confrontate con quelle del primo semestre (quando i turisti erano aumentati dell’11% e le presenze del 5,5% rispetto all’analogo periodo del 2022). E’ evidente quindi come la fase di ripresa e di sviluppo iniziata dopo la crisi del Covid risulti in esaurimento a partire dal secondo semestre, a causa soprattutto delle tensioni geopolitiche internazionali e del non brillante quadro macroeconomico generale. La dinamica del turismo piacentino anche nel 2023 è stata comunque espansiva, e ancora piuttosto intonata a confronto con quella delle altre province emiliano-romagnole; in quest’ambito, Piacenza risulta inoltre sempre al primo posto per intensità del recupero e crescita dei pernottamenti rispetto al 2019.

Andando ad analizzare i dati a consuntivo 2023, nel complesso degli esercizi ricettivi gli arrivi sono stati 276.796, circa 14mila in più rispetto al 2022, mentre le presenze si sono attestate a 603.235, anch’esse in crescita sull’anno precedente, circa 19mila in più. In particolare, negli esercizi alberghieri sono stati rilevati 201.463 arrivi e 368.181 presenze, i primi in crescita sul 2022 del 3,5% (+7mila), le seconde del 2,4% (+9mila). Negli esercizi “extra-alberghieri” si sono registrati invece 75.333 arrivi, in aumento rispetto all’anno precedente dell’11,1% (+8mila), e 235.054 presenze, con una variazione positiva del 4,4% (+10mila). Dal punto di vista della provenienza, sono ancora in crescita sia i turisti italiani, che mostrano un aumento dell’1,6% a livello di arrivi (187.186, +3mila) e dell’1,2% in termini di pernottamenti (435.760, +5mila), sia soprattutto i turisti stranieri, +14,6% gli arrivi (89.610, +11mila) e +8,8% le presenze (167.475, + 14mila). Nonostante il recupero, si registra – relativamente agli arrivi – ancora un differenziale negativo da colmare rispetto al 2019 per il comparto alberghiero (-4,4%) e per il turismo di provenienza nazionale (-3,4%), al contrario degli stranieri, che superano oramai del 15,3% i livelli pre-pandemia. Risultano invece tutte in campo positivo le variazioni riferite ai pernottamenti, in particolare quelli extralberghieri che sono ben un terzo in più di quelli del 2019 (+31,8%). L’incidenza nel periodo considerato delle presenze straniere è stata del 27,8% (era il 26,3% nel 2022), mentre l’incidenza delle presenze negli esercizi extralberghieri è stata del 39% (come l’anno precedente). I dati relativi all’andamento mensile delle presenze nel 2023, messi a confronto con quelli del 2022, evidenziano la decisa decelerazione del turismo piacentino intervenuta nella seconda metà dell’anno, con variazioni tendenziali prossime allo zero a settembre e ottobre, e con variazioni negative ad agosto (-10,9%) e novembre (-5,4%). Nel complesso del secondo semestre i pernottamenti (320.500 circa) sono stati tremila in meno di quelli del 2022. Rimane comunque al momento ancora positivo in tutti i mesi dell’anno il confronto con il 2019.

Da dove arrivano i turisti? Analizzando i principali flussi turistici dall’estero, nel corso del 2023 i francesi sono stati ancora i più assidui visitatori stranieri della nostra provincia, con circa 20.400 presenze, mille in più rispetto al 2022; seguono tedeschi (19.500, +1.000), romeni (13.700, +600), svizzeri (10.700, +400) e olandesi (9.100, -200), poi gli spagnoli, i belgi e gli inglesi (circa 6.500/7.500 presenze ciascuno), per arrivare infine agli statunitensi (5.200, +600) ed agli austriaci (4.300), questi ultimi in forte sviluppo (+1.200) rispetto all’anno precedente. Forte crescita anche per i cinesi, il cui flusso è triplicato (+2mila), mentre sono risultati in calo gli ucraini (-1.100 presenze).

Il peggioramento del dato sulla retribuzione di genere è stato commentato da Monica Veneziani, coordinatrice del corso di laurea in Management per la sostenibilità dell’Università Cattolica di Piacenza. “È un problema culturale – dice – che deve essere affrontato fin da giovani affinché da manager possano portare cambiamento tangibile. L’università deve definire le competenze per migliorare gli indicatori in maniera tangibile”. Paolo Rizzi, direttore del Laboratorio di economia locale dell’Università Cattolica, ha riflettuto sulla bassa percentuale dei laureati dovuta, dice, “ai tanti anziani e agli stranieri, molti dei quali hanno magari titoli non riconosciuti in Italia”. Quello dei pochi laureati “è un tema nazionale – precisa Rizzi – l’Italia è la penultima nell’Unione europea in questo senso. Dobbiamo spingere di più, soprattutto sulle Stem”. Filippo Cella, vicepresidente della Camera di Commercio dell’Emilia, ha riflettuto come “la percentuale di ragazze iscritte agli istituti tecnici o professionali tradizionali” sia bassa. “Sono ambienti maschilisti – dice – poco accoglienti per le ragazze. Se riuscissimo, con qualche investimento anche da parte delle aziende, a renderli più accoglienti o a creare nuovi indirizzi potremmo ampliare il bacino da cui le aziende possono pescare”.

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