Le Rubriche di PiacenzaSera - Inter Cultura

L’integrazione degli alunni stranieri non è solo imparare la lingua italiana

Più informazioni su

Favorire l’integrazione degli alunni stranieri. Gian Carlo Sacchi esprime le proprie perplessità in merito al decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 24 maggio. Il ministro Giuseppe Valditara, a margine della riunione del Cdm, aveva dichiarato che “per gli stranieri il nostro obiettivo è consentire a ciascuno di avere una adeguata conoscenza della lingua italiana, primo, fondamentale passo per una reale inclusione. Nelle classi dove gli studenti di origini straniere, e che abbiano importanti carenze nella conoscenza della lingua, siano uguali o superiori al 20%, dal 2025 arriverà un docente adeguatamente formato che affiancherà con lezioni di potenziamento il lavoro di classe. Già da settembre, intanto, le scuole potranno organizzare corsi aggiuntivi extracurricolari di potenziamento grazie a fondi ad hoc del PON”. Di seguito l’intervento di Gian Carlo Sacchi.

Il decreto legge sulla scuola approvato di recente (il 24 maggio scorso, ndr) dal Consiglio dei Ministri propone tra gli altri un capitolo relativo all’integrazione degli alunni stranieri, ma non è chiaro se certi interventi siano proposti in coerenza con le finalità del nostro sistema scolastico oppure se nascondano modalità che continuano ad alimentare pregiudizi e paure. Per tale provvedimento l’integrazione degli studenti stranieri è trattato soltanto dal punto di vista della conoscenza della lingua italiana, che di fatto rievoca un po’ gli argomenti prospettati dalla Lega in quest’ultimo scorcio di dibattito preelettorale: la questione del 20% degli alunni stranieri per classe e l’intervento di un docente ad hoc nelle classi (speciali?) che raggruppano i bisognosi di trattamento linguistico. Nessuno nega che l’apprendimento dell’italiano sia importante, ma di questo la scuola si è occupata da tempo, superando l’idea “assimilazionista” proposta dal decreto, per arrivare con successo fino ad esperienze di interlinguismo, che valorizzano anche le lingue di provenienza, arrivando a conferire al nostro sistema scolastico un carattere di internazionalità, la cui attenzione era proposta dallo stesso ministero nel 2014, e che oggi è apprezzata anche dai giovani e dalle famiglie italiane. Il multilinguismo, infatti, è una caratteristica della maggior parte dei paesi europei ed una molteplicità di lingue e culture è entrata nelle nostre scuole.

Appare strumentale, dunque, il richiamo ad una valutazione iniziale della competenza nella lingua italiana, il cui accertamento si presume rientrare nell’autonomia didattica dei docenti, per poi sommare tutti gli insufficienti al fine di arrivare al 20% , in una o più classi, per avere un docente specializzato. Sembra dunque che l’integrazione non sia realizzata attraverso la convivenza dei soggetti italofoni e non, con adeguati supporti per l’intera classe, ma attraverso un apprendimento precoce della lingua italiana ed una successiva mescolanza tra gruppi e classi. E’ un trattamento che veniva riservato soprattutto ai neoarrivati, ai quali in passato hanno provveduto gli enti locali, offrendo contratti ad associazioni di docenti di italiano lingua 2 o attraverso mediatori linguistico-culturali, utili anche per facilitare i rapporti tra la scuola e le famiglie straniere. Ma oggi gli immigrati di prima generazione sono in calo e quindi si vara un provvedimento che farà spendere poco, così come le cattedre specifiche (A023), istituite ma non attivate, saranno poco o niente, se si pensa di arrivare al famoso 20%, a meno che questa percentuale non la si voglia raggiungere sommando classi di più scuole, con una decisa ghettizzazione.

Che poi i commenti al decreto parlino della “prima azione assunta nel nostro sistema di istruzione, che prevede interventi mirati a beneficio della reale integrazione degli alunni stranieri” è sicuramente eccessivo, anzi il governo è arrivato buon ultimo, in quanto gli immigrati di seconda generazione, ormai la maggioranza, stanno frequentando le scuole italiane, e le criticità ancora presenti hanno bisogno di supporto se si vuol realizzare davvero l’integrazione e non di selezione e separazione. I dati Invalsi, infatti, non sono drammatici, né per la matematica (che comunque richiede una base linguistica di comprensione dei testi), né per l’inglese, che addirittura risultano positivi, in quanto, a detta dell’Istituto Nazionale, la predisposizione per le lingue, Italiana e di provenienza, ne facilita l’ulteriore apprendimento, mentre le difficoltà incontrate nell’italiano “lingua di studio” potranno essere superate dall’intervento dei docenti di A023 distribuiti negli organici di quegli istituti nei quali sono presenti alunni provenienti da altri Paesi per rendere i curricoli più flessibili.

Quanto poi al tasso di ritardo e di dispersione ancora troppo alti, sarà bene guardare all’inserimento posticipato di questi alunni rispetto all’età dei compagni di classe, nonché alle ripetenze che mettono in evidenza pratiche didattiche che non vanno proprio nella direzione dell’integrazione e potrebbero essere sostenute da figure tutoriali quali quelle che si vogliono introdurre. Altre risorse da valorizzare sono i mediatori interculturali, spesso madre-lingua, che possono offrire un altro utile punto di vista sul percorso formativo, oltre che mantenere un proficuo rapporto con le famiglie immigrate. Tali soggetti potrebbero essere inseriti negli albi delle professioni educative previa un percorso universitario, che alcuni atenei avevano già iniziato.

Insomma, l’integrazione degli alunni stranieri è già a buon punto ed è frequente trovare anche una buona base di successo con alcune eccellenze; oggi purtroppo le criticità degli stranieri non sono molto lontane da quelle degli italiani, soprattutto se provenienti da zone disagiate. Secondo molti studi, il multilinguismo è un punto di forza nelle attività sociali e professionali: fa bene alla relazione e alla democrazia. Anziché dividere, come succede ormai di frequente, occorre far diventare davvero nazionali gli orientamenti ministeriali del 2014 e del 2020, per offrire le necessarie garanzie che tutti coloro che arrivano in qualunque parte del nostro territorio abbiano le stesse possibilità di successo formativo. Un esempio di un cammino di integrazione arrivato all’eccellenza lo troviamo anche non lontano da noi all’Istituto Volta di Borgonovo, dove gli studenti sono stai premiati per un progetto di start-up per la diffusione della cultura di impresa tra i giovani dell’Emilia Romagna: una piattaforma per l’orientamento per evitare di interrompere gli studi o la carriera lavorativa dopo essersi resi conto di aver effettuato scelte sbagliate. Un progetto focalizzato sulle necessità della propria provincia. I nominativi dei giovani partecipanti rivelano una provenienza perlopiù straniera, a dimostrare non solo una buona integrazione tra di loro, ma anche la capacità di fare ricerca secondo modalità che vanno oltre la loro impostazione di provenienza.

_Gian Carlo Sacchi

Più informazioni su

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di PiacenzaSera, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.