De Gregori apre il tour a Piacenza con una scaletta inedita “Mi hanno detto che sono ermetico” fotogallery

“Mi hanno detto che sono ermetico, quindi stasera spiegherò le mie canzoni”. È partito da Piacenza il tour di Francesco De Gregori, il primo dopo due anni, con una scaletta inedita che spazia da brani semisconosciuti ai più fino ai grandi classici. Settantatré anni e non sentirli, è il caso di dire: il cantautore romano ha incantato i milleseicento di Palazzo Farnese per oltre due ore, riportando live storie di guerra, ispirazioni artistiche e dichiarazioni d’amore. Ad alcune, le meno celebri, De Gregori ha fatto precedere un racconto che ne spiega il senso o la genesi. Dopo l’apertura di Angela Baraldi, il cantautore, in “divisa” consueta – maglietta, cappello e occhiali scuri -, attacca con “Sento il fischio del vapore” e a ruota propone “Numeri da scaricare“, “Caterina” e “Piano Bar“. Poi “Compagni di viaggio“, “Festival” e “Cose“.

Il concerto di De Gregori a Palazzo Farnese

Gambadilegno a Parigi, incisa nel 2005, parla di “un uomo che va a visitare Parigi e arranca con la sua gamba di legno che gli ricorda la ferita di guerra. E sogna Atene. Cosa c’entra? Niente, ma i sogni sono fatti così”, spiega il cantautore. Poi due adolescenti ammazzano Babbo Natale. “Anche se sono ormai adulto – spiega De Gregori – conservo del Natale e dei giorni che lo precedono un ricordo piacevole perché mi ricordano la mia infanzia. Ricordo però che un anno fui infastidito da quell’atmosfera zuccherosa, dagli auguri da fare per forza, e così ho scritto una canzone su un Natale brutto, cruento”. È “L’uccisione di Babbo Natale“. Il folto pubblico del Farnese – sold out già da diversi giorni – riprende le esecuzioni col cellulare, canta e applaude. Ci sono anche le fan più irriducibili, arrivate da Roma per non perdersi la “prima” del nuovo tour, partito proprio dal Piacenza Summer Cult. De Gregori spiega la storia di un guanto. “Mi capitò di vedere alcune tavole di un artista tedesco vissuto fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, Max Klinger, appassionato di psicanalisi: quasi come una graphic novel, veniva illustrata la storia di un guanto, lasciato cadere per distrazione da una signora che sta pattinando e raccolto poi da un gentiluomo che spera, restituendoglielo, di poterla conoscere meglio. Nelle tavole successive il guanto subisce trasformazioni oniriche. Quella storia mi ha affascinato perché quel guanto diventa un feticcio d’amore, va in fondo al mare, viene ripescato, finisce su una spiaggia piena di fiori, va negli incubi di un individuo, diventa un mostro che viene rapito e infine trova pace su un piedistallo marmoreo e a fianco c’è un amorino, un Cupido. Sicuramente quest’uomo era pazzo, ma anch’io. Ho scritto questa canzone in un paio d’ore”.

Il concerto di De Gregori a Palazzo Farnese

Il pubblico scalpita e De Gregori prosegue con la traduzione di I shall be released di Bob Dylan, da lui ribattezzata “Come il giorno” nel 2003. Poi arrivano “I matti” e due canzoni sulla guerra. La prima si chiama proprio così, “La guerra“: “è la storia di un incontro di un soldato disperso – racconta il cantautore – con una donna che sta in una casa abbandonata. Si presume che il soldato combatta e la donna sia dalla parte opposta, anche se non è una combattente bensì una massaia, abbandonata dal suo ragazzo che è partito per fare il soldato”. Gli schermi dei cellulari sono i nuovi accendini e illuminano la notte creando uno spazio-tempo avulso da ogni contesto: è l’ora del “Generale” che fa salire tutti sul treno “mezzo vuoto e mezzo pieno” che va veloce verso il ritorno. La guerra assume un contorno e un tempo più definiti con “Il cuoco di Salò“, dove nel ’43 “si fa l’Italia e si muore dalla parte sbagliata”, e “San Lorenzo” che ricorda il bombardamento alleato del 19 luglio, sempre del ’43. “A Roma c’è un quartiere che si chiama San Lorenzo – dice De Gregori – dove i ragazzi oggi si divertono. San Lorenzo però rievoca un episodio cruento della guerra, il bombardamento che gli Alleati fecero il 19 luglio del ’43, prima che cadesse il fascismo. Fu distruttivo al massimo, c’è chi dice mille e chi milleduecento morti: il quartiere fu raso completamente al suolo e Roma rimase colpita anche dal punto di vista psicologico. Papa Pio XII andò a visitare il quartiere il giorno stesso, c’è una foto di lui che allarga le braccia a simboleggiare tutta la sofferenza della popolazione. È un episodio che conoscono in tanti ma magari fuori Roma è meno noto”.

Sulla scaletta attaccata a una delle casse sul palco c’è scritto semplicemente “Nino”, il titolo completo è “La leva calcistica della classe ’68” e tutti ormai sanno che un giocatore si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia e non da come calcia i rigori. Hilde nel ’73 suonava la cetra quando i doganieri le entrarono in casa. “Nessun rimpianto, non è peccato aver confuso diamanti e vetro, l’amore vero è un surrogato” canta De Gregori in “Giusto o sbagliato“, che precede senza soluzione di continuità il raggio di sole che si ferma sul biglietto scaduto. Con “Buonanotte Fiorellino” De Gregori saluta il pubblico ed esce di scena, anche se in scaletta c’è ancora qualcosa che manca. E allora l’ordine diventa caos e le sedie vengono lasciate indietro, tutti sotto al palco per invocare a gran voce l’artista, che torna a emozionare fra gli applausi. Vicino a lui la corista Francesca La Colla, dietro la band con Guido Guglielminetti al basso e contrabbasso, Carlo Gaudiello al pianoforte, Primiano Di Biase all’hammond, Paolo Giovenchi alle chitarre, Alessandro Valle a mandolino e pedal steel guitar e Simone Talone alle percussioni. De Gregori imbraccia una chitarra e tira fuori dalla tasca la sua immancabile armonica a bocca. C’è ancora tempo per gridare “Mannaggia alla musica“, poi rientra in scena Angela Baraldi per il duetto di “Anidride solforosa”. Alla fine, spazio a due pietre miliari della musica italiana: le coppie di tutte le età si abbracciano e ballano, De Gregori tira fuori l’asso dal taschino e regala assoli. Un grande classico che ha fatto sì che “Rimmel“, dal 1975, passasse da marchio registrato a nome comune. Una scaletta assai particolare si chiude con un altro di quei pezzi ormai passati al patrimonio collettivo. “E non avrò paura se non sarò come bella come vuoi tu, ma voleremo in cielo in carne e ossa, non torneremo più. E senza fame e senza sete, e senza ali e senza rete voleremo via”, La donna cannone simboleggia la trasgressione di una regola ferrea per seguire un amore che da impossibile diventa autentico e vivo.

Il concerto di De Gregori a Palazzo Farnese

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