La lezione di Fiorella a Palazzo Farnese “Domani ti diremo ancora un altro … forse”

Incominciamo dalla fine, o meglio quasi dalla fine. Dalla riscrittura dell’ultimo verso di una delle canzoni più conosciute di Fiorella Mannoia, “Quello che le donne non dicono“, un gioiello scritto per lei da Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone, tra i brani più attesi in scaletta a Palazzo Farnese. Correva l’anno 1987 e quel “ti diremo ancora un altro sì” a struggente chiusura, suonava come una promessa d’amore che ora, nel 2024, diventa impossibile intonare. Resta fermo in gola e diventa un più onesto “forse”. Perché, spiega Mannoia, “non è detto che sia sì, innanzitutto perché potrebbe anche essere no. E quando una donna dice no, in qualsiasi vestito, in qualsiasi condizione, in qualsiasi situazione o circostanza, quando una donna dice no è…no!” le risponde stentoreo il pubblico.

Fiorella Mannoia a palazzo Farnese

Sta in questa perfetta coerenza, tra l’artista e la donna Fiorella Mannoia, il segreto di una carriera ripercorsa nell’esibizione del 16 luglio, all’interno del cartellone Piacenza Summer Cult, a partire dal primissimo successo Caffè nero bollente del 1981, che apre il concerto. Sorretto dal tappeto di note intessuto dall’orchestra che accompagna la Mannoia in questo tour, il suo repertorio acquista un nuovo respiro. Dalla struggente resilienza de I treni a vapore, di Ivano Fossati, si passa di nuovo all’attualità, alla quale Mannoia non si sottrae, facendosi promotrice in prima persona di iniziative come “Una nessuna centomila”, che è riuscita a raccogliere 300mila euro da destinare a centri antiviolenza, invitando le tante donne, vittime di abusi anche psicologici, a rialzarsi intonando “nessuna nessuna conseguenza, di te so stare senza, non sei necessario alla mia sopravvivenza”, un inno all’indipendenza che si risuonava già nel “Che non si muore per amore È una gran bella verità” di Lucio Battisti.

Fiorella Mannoia a palazzo Farnese

“Sono sempre stata orgogliosamente un’interprete, cosa che per me significa essere un traduttore. E’ una grande responsabilità, perchè devo tradire il meno possibile la canzone che mi è stata affidata. E se riesco a trasmettere una emozione in più è una gran cosa – ha raccontato Mannoia -. Ma qualche anno fa ho preso carta e penna e ho scritto una canzone. Io che non ho avuto figli, mi sono immedesimata in una madre del sud del mondo che vede partire una figlia, e le fa tutte quelle raccomandazioni che spesso, per pudore, non si dicono”. Dalle figlie idealmente In viaggio, a quelle che idealmente si riconoscono ‘sorelle’, ‘figlie’ o ‘nipotine’ della cantante. Come già è capitato di assistere in altri concerti di Mannoia – spesso ospite dei teatri piacentini – una ragazza si è avvicinata sotto il palco per consegnarle un biglietto. “Sei speranza in un futuro incerto”, questo lo struggente messaggio. E la stessa scena si è ripetuta poco dopo, con la consegna di un disegno da parte di una bambina, Matilde, che ha immortalato la inconfondibile chioma fulva di Fiorella Mannoia. “Questo concerto – ha detto la bimba – è il regalo che mi ha fatto la mamma per il mio decimo compleanno”. Una dedica suggellata da un grande abbraccio da parte della cantante, che si è lasciata sfuggire “Queste sono soddisfazioni”.

Dall’impegno alla gioia pura dei ritmi coinvolgenti di Besame mucho e Quizas, quizas, quizas, Fiorella si diverte e fa divertire, alzando un lembo del vestito bianco, per ballare libera sul palco. Si leggerezza si passa dalla Giovanna D’Arco, che Francesco De Gregori le ha cucito addosso, all’angelo poi non così tanto angelo di Lucio Dalla, in grado di farsi giustizia sui potenti del mondo con un tocco di ironia – e non solo. I dolori d’amore che Margherita ha inflitto a Riccardo Cocciante si sfumano nell’ultima collaborazione di Mannoia con Michele Bravi, perché Domani è primavera.

Forse – e torniamo alla fine – Quello che le donne non dicono, più che l’essere “dolcemente complicate” (ma che vorrà mai dire?), è che si nasce già donne ma si resta ragazze tutte la vita, anche a settanta anni. Si può essere una “strega in cima al rogo, una farfalla che imbraccia il fucile, una regina senza trono” come spiega in Mariposa, l’ultimo brano portato a Sanremo, consapevoli che “la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia” come Sally, e al tempo stesso danzare spensierata Sotto il cielo d’Irlanda, il bis che chiude il concerto, cantato all’unisono con il pubblico incontenibile assiepato sotto al palco.

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