Ecco perché i gatti vanno pazzi per il tonno

Di Andrea Vantadori
Consulente per la convivenza e la relazione con il gatto
Full member International Feline Behaviourists – Cat’s behaviourist consultant

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Che il gatto sia un animale schizzinoso e selettivo in fatto di cibo è risaputo. Quante volte ci è capitato di aprire la scatoletta preferita da Micio per vederlo poi dare una annusatina e voltare le spalle alla ciotola? Oppure preferire solo quel tipo di alimento e non altri?
Tra i tanti alimenti, il pesce ed in particolare il tonno è tra i suoi preferiti.

Ma perché proprio il tonno? La scienza ha trovato la risposta.

I ricercatori del Waltham Petcare Science Institute, in Gran Bretagna, guidati dal dott. Scott McGrane, esperto in scienze sensoriali, hanno dimostrato, in uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista Chemical Senses, che la spiccata predilezione dei gatti per il tonno dipenda dal gusto umami. Oggi sappiamo, con maggiore certezza e conferma rispetto al passato, che la lingua del gatto è provvista di recettori capaci di percepire il gusto umami, il gusto del “sapore profondo”. La stessa ricerca dimostra che il gatto ricerca il gusto umami nei cibi (e nelle prede) con maggiore intensità e quindi sono molto bravi a percepire e identificare le molecole odorose legate a questo gusto. Quando nell’aria fiutano questi odori, i gatti sembrano risvegliarsi da una sorta di torpore e si dimostrano particolarmente attivi nella ricerca del cibo. Si dimostrano particolarmente abili nel ricercare e preferire certe tipologie di alimenti, come il pesce ed in modo particolare il tonno, rispetto ad altri. In un qualche modo è come se dal gusto umami ne discenda la loro sopravvivenza in quanto carnivori obbligati.

Umami nella lingua giapponese significa saporito ed è riferito al sapore del glutammato. L’umami è il gusto responsabile del sapore degli alimenti proteici come la carne, i brodi e i formaggi stagionati. Fu nel 1908 che il prof. Kikunae Ikeda, ricercatore e docente di chimica all’ Università imperiale di Tokyo, lo descrisse come un gusto fondamentale. Ikeda isolò il glutammato monosodico come responsabile del gusto umami.

Il dott. Scott McGrane ci spiega che le ricerche scientifiche condotte sulle preferenze alimentari dei gatti sono piuttosto recenti. Fino a qualche anno fa non si era a conoscenza, ad esempio, del fatto che i gatti non fossero capaci di percepire il gusto dolce perché uno dei due geni responsabili della sua percezione è inattivo.
Il dott. Scott McGrane afferma: “Da quando abbiamo scoperto che i gatti non hanno un recettore funzionale del gusto dolce, ci siamo chiesti a cosa avrebbero invece risposto”. Nella loro storia evolutiva di carnivori stretti gli alimenti ricchi di carboidrati non trovano posto e quindi è inutile percepirne il gusto dolce. Rispetto poi ad un erbivoro e ad un onnivoro, come l’essere umano, i gatti percepiscono in maniera meno intensa il gusto amaro (i loro recettori per questo gusto sono in numero minore rispetto al sapiens) e quindi non hanno bisogno dell’amarezza per capire se stanno consumando delle piante tossiche proprio perché i vegetali non sono tra gli alimenti normalmente consumati.

L’umami dei cibi proteici per i gatti è come lo zucchero per noi umani.

La percezione del gusto umami nell’umano dipendente da due proteine codificate dall’espressione di due geni: Tas1r1 e Tas1r3. Da studi antecedenti era chiaro che i gatti possiedono il gene Tas1r3 e la conseguente proteina; tuttavia, non era chiaro se il gene Tas1r1 fosse presente ed attivo. Il team del dott. Scott McGrane ha dipanato la questione. Dalla biopsia della lingua di un gatto maschio di sei anni, deceduto per malattia, è emerso che anche il gatto presenta nelle sue papille gustative il gene Tas1r1 e che questo gene è attivo. La ricerca ha anche dimostrato che rispetto agli umani, le proteine prodotte dai due geni nei gatti presentano delle significative differenze. La percezione del gusto umami dipende dall’acido glutammico e dall’acido aspartico. Nei gatti i siti di legame di questi due acidi, rispetto a noi umani, sono mutati. I gatti hanno una percezione più spiccata del gusto umami.

Da un punto di vista filogenetico tutto questo ha un senso. Noi umani ci siamo evoluti come onnivori che consumano anche carne e percepiscono il gusto umami. Tuttavia, abbiamo una particolare predilezione per cibi più dolci, come la frutta, cibi più semplici e più facili da digerire.

Tuttavia, il gruppo di ricercatori britannici ha anche dimostrato che tra tutti i tipi di pesce, il tonno è di gran lunga preferito dai gatti anche perché contiene il nucleotide inosina monofosfato ed una elevata concentrazione dell’aminoacido L-istidina. Si tratta di due molecole che hanno una forte affinità con i recettori delle papille gustative dell’umami, potenziandone in modo sinergico la percezione e la gradevolezza.
I ricercatori hanno potuto dimostrarlo sottoponendo un gruppo di 25 gatti a un test di assaggio mettendo a disposizione due ciotole; una contenente solo acqua e l’altra acqua e diverse combinazioni di aminoacidi e nucleotidi, come negli alimenti dal forte gusto umami. I gatti hanno mostrato una forte preferenza per le seconde. Infatti, hanno mostrato uno spiccato interesse verso le ciotole contenenti L-istidina e inosina monofosfato, composti molto abbondanti nel tonno.
Rispetto ad altri tipi di pesce, il tonno ha una carne particolarmente ricca di ferro che le conferisce un sapore spiccatamente metallico. Altro aspetto che lo rende particolarmente apprezzato dai gatti.

Il gatto è un carnivoro obbligato o stretto (un super carnivoro) e come tale non può fare a meno delle proteine animali nella sua dieta. Allo stesso tempo è un animale che arriva dal deserto ed in questo ambiente ostile troviamo di tutto tranne che il pesce. Come ha potuto sviluppare una così profonda predilezione per questo alimento? Come il pesce ha incontrato il gatto nella sua storia evolutiva?

Per dare risposta a queste domande ci viene in aiuto la dottoressa Fiona Marshall, zooarcheologa della
Washington University di St. Louis. La dottoressa Marshall sostiene che il gatto, animale che è nato nel deserto, abbia incontrato il pesce, e quindi il tonno, nelle sue migrazioni verso Nord e l’Oriente, portandolo a sviluppare la capacità di percepire il gusto umami. A riprova di questo, sono stati ritrovate delle raffigurazioni di gatti intenti a cibarsi di pesci, risalenti al 1500 a.C. Con tutta probabilità, il gatto ha imparato ad apprezzare il pesce, nutrendosi dei resti lasciati dai marinai nei porti del Mediterraneo.

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