“Il nostro cinema pedagogico e militante” A Bobbio confronto Bellocchio-Fofi fotogallery

Quando ci capiterà ancora di assistere a un confronto tra uno dei più grandi registi italiani, uno dei più grandi critici letterari, moderato da uno dei più grandi critici di cinema? Domenica, alla serata conclusiva del Bobbio Film Festival hanno condiviso lo stesso palco Marco Bellocchio, Goffredo Fofi e Paolo Mereghetti per rievocare “Sbatti il mostro in prima pagina”: pellicola datata 1972 del maestro bobbiese, sceneggiata proprio con Fofi e presentata in versione restaurata all’ultima edizione di Cannes. Un film, figlio di una stagione lontana e drammatica della storia d’Italia, quella delle stragi, dei tentati golpe e dello scontro politico nelle piazze, che tuttavia tratta di un tema di spiazzante attualità: la manipolazione dell’informazione e la costruzione delle fake news. E’ stato il critico e giornalista di cinema del Corriere della Sera Paolo Mereghetti a introdurre Bellocchio e Fofi, ricordando la genesi tormentata del film, nato da un soggetto di Sergio Donati e in un secondo tempo, dopo dissidi con la produzione, affidato alla regia di un giovane Bellocchio. Il quale chiamò alla lavorazione Goffredo Fofi, proprio per mettere mano alla sceneggiatura e darle un taglio diverso, più strettamente connesso alla realtà dell’Italia dei primi anni Settanta.

“Devo ringraziare Goffredo perché ha accettato di essere qui, – ha detto Bellocchio dal palco – sei uno dei più grandi critici del nostro paese, e anche per aver accettato allora di collaborare alla stesura del film. La politica in quel periodo era qualcosa di decisivo per la nostra vita e quando mi proposero di entrare in questo progetto, con il soggetto che era stato scritto da Donati, pensai che l’unico modo fosse quello di politicizzarlo, dando a questa storia di fake news di quegli anni un contenuto politico. Per ottenere allora una sceneggiatura ideologica e di parte, ovvero che prendeva una posizione ben precisa, decisi di proporre a Fofi di entrare nella scrittura del film, ci conoscevamo perchè allora era direttore dei Quaderni Piacentini“.

Serata finale al Bobbio Film Festival

“Volevo molto bene ai Bellocchio e alla loro stirpe, – ha confessato Fofi – anche quando mi chiesero di partecipare all’esperienza dei Quaderni Piacentini. Non dobbiamo dimenticare che negli anni di Sbatti il mostro in prima pagina era in corso un tentativo golpista sostenuto anche da potenze straniere, abbiamo la strategia della tensione con le stragi di stato. Inoltre l’Italia, con l’ascesa della sinistra e del Pci era il teatro di uno scontro ideologico internazionale, per impedire un cambio di governo. Dentro a quel clima non potevamo che proporre un cinema militante, immersi in una tensione sociale e non solo giovanile che spingeva perché si dicessero le cose, che non dicevano bene neppure i giornali di sinistra; si premeva da varie parti perchè si dicesse quanto c’entrassero i servizi segreti, per quanto non ne sappiamo ancora oggi quanto fossero coinvolti”. “Quello che volevamo fare – ha sottolineato Fofi – però non era propaganda, non cercavamo l’indignazione come tanta parte del cinema italiano di sinistra di allora, noi volevamo fare un’operazione prettamente pedagogica. Raccontando cosa c’era dietro a quel clima di allora con l’Italia alla soglia di un golpe. Partendo da un racconto secondario come quello del film”.

Serata finale al Bobbio Film Festival

Il critico ha poi rivelato alcuni episodi legati alla lavorazione della pellicola: “Poco tempo prima c’era stato l’assalto degli studenti del movimento di sinistra al Corriere della Sera, che allora era l’organo portavoce della parte padronale. Ebbene noi abbiamo deciso di rappresentarlo nel film chiamando la testata “Il Giornale”, senza sapere che pochi anni dopo sarebbe nato davvero sotto la guida di Indro Montanelli. L’idea che ebbi io fu quella di far recitare l’assalto al quotidiano agli stessi studenti che lo fecero nella realtà. Questo fa comprendere quanto fossimo dentro a una vicenda politica”. “In quegli anni ci furono tentativi a destra di fare un golpe ed eravamo in un momento in cui tutto poteva succedere. Allora spiegare come funzionava il giornalismo italiano fu un’operazione non scontata, tanto è vero che molti giornalisti, ricordo Morandino Morandini ad esempio, non gradirono. E quando fu fatto vedere ai vertici del Pci, e a Giancarlo Pajetta, non la presero per niente bene”.

Volontè Sbatti il mostro in prima pagina
Gian Maria Volontè nel film

“Volevamo fare un film freddo e che spiegasse le cose, – ha proseguito Fofi – parlando alla testa e non alle viscere, avrebbe dovuto essere un film didascalico che vuole spiegare come avviene la provocazione politica e poliziesca in Italia. L’altro filone per illustrare quelle vicende era quello farsesco di ‘Vogliamo i colonnelli’ di Monicelli, con una sua efficacia perchè mostrava tutta la miseria della destra golpista. Grazie alla genialità di Marco nel film recitarono due fra i più grandi attori italiani come Laura Betti e Gian Maria Volonté, quest’ultimo un istrione geniale, un attore educatore e politico perchè pienamente presente nel suo tempo. Ricordo che gli fu rimproverato di non entrare nella parte del caporedattore del giornale, e allora una mattina gli dissi come interpretarlo: doveva recitare come un piccolo borghese di provincia come lo avrebbe fatto Laurence Olivier in un film inglese, mi ascoltò e il giorno dopo si calò completamente nel ruolo. Il film fu costruito giorno per giorno con le scene scritte alla sera per il giorno dopo. L’altra attrice straordinaria che recitò fu Laura Betti che per prepararsi a dovere si ispirò a un caso di cronaca”.

E la conclusione di Fofi in sintonia con Bellocchio: “Io non me ne vergogno di questo film, è un buon film per compiere un’operazione coraggiosa, spiegare le cose mentre succedevano. Allora il cinema era un motore culturale, portava discussione, talvolta era provocatorio anche troppo ma lo faceva in modo vitale. Ho fatto solo due volte cinema (a parte una sceneggiatura scritta con Marco Ferreri – come ha ricordato Mereghetti – che poi è finita in un cassetto senza diventare mai un film), con Bellocchio e con Pier Paolo Pasolini nel documentario intitolato ’12 dicembre’. Alla fine non mi posso lamentare”.

Serata finale al Bobbio Film Festival

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di PiacenzaSera, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.