La Pertite 84 anni fa: il ricordo di quei 47 morti “sacrificati al lavoro” fotogallery

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Giovedì 8 agosto, alle 10 in piazzetta Pescheria a Piacenza, si è tenuta la cerimonia di commemorazione delle vittime della tragedia della Pertite. Nell’84esimo anniversario dell’esplosione che causò la morte di 47 persone e centinaia di feriti, sono stati ricordati anche coloro che persero la vita 12 anni prima, nel settembre del 1928, quando si verificò nello stabilimento di via Emilia Pavese un altro, drammatico scoppio. Il tributo istituzionale è stato affidato all’intervento della sindaca Katia Tarasconi che ha preceduto la tradizionale deposizione di un omaggio floreale a cura della Sezione provinciale Anmil, nella ricorrenza segna anche la Giornata dedicata al sacrificio del lavoro italiano nel mondo: nel nome dei 136 connazionali che non fecero più ritorno a casa dai giacimenti di Marcinelle, in Belgio, dove l’8 agosto 1956 si consumò un tragico incendio sotterraneo in cui restarono uccisi 262 minatori.

La commemorazione della tragedia della Pertite

Commemorazione della tragedia della Pertite, il discorso della sindaca Tarasconi:

La tragedia della Pertite è una ferita ancora aperta nella memoria e nel cuore della nostra comunità, che a 84 anni di distanza da quell’8 agosto del 1940 rende omaggio, con immutata partecipazione, alle donne e agli uomini le cui vite furono inghiottite nel ventre della fabbrica dal fragore di due esplosioni, l’una poco dopo l’altra. Sabbia e detriti ammantarono le strade e i tetti nei quartieri circostanti, vetri infranti nelle case silenziose, cui il fumo denso delle polveriere in fiamme annunciava all’improvviso l’indicibile. Tutti sapevano che nello stabilimento di via Emilia Pavese si maneggiavano esplosivi e materiale bellico pericoloso, ma per i 1500 operai che ne varcavano i cancelli ogni giorno, quell’impiego significava innanzitutto speranza, famiglie cui garantire un pasto in tavola e il sogno di un futuro migliore.

Non fu mai chiarito, nel buio del regime, se a spezzare quei progetti fu una drammatica fatalità o, come si sospettò a pochi mesi dall’ingresso ufficiale in guerra dell’Italia, un vile attentato. Quel che resta, come una certezza che ancora oggi risveglia lo stesso dolore, è che nessuno seppe, poté o si curò di proteggere le 47 vittime della Pertite, gli oltre 700 feriti, né i colleghi e i concittadini che 12 anni prima, nel settembre 1928, erano andati incontro allo stesso, amaro destino: 13 morti, tre persone sopravvissute che portavano, sul corpo e nell’anima, i segni di quella deflagrazione. Nella giornata dedicata, per un triste intreccio di date, al Sacrificio del lavoro italiano nel mondo – in onore dei 136 nostri connazionali, tra i 262 minatori che l’8 agosto del 1956  restarono uccisi nell’incendio devastante della miniera belga di Marcinelle – Piacenza si raccoglie in un abbraccio carico di rispetto, di solidarietà, ma anche di indignazione. Perché negli ultimi 35 anni, dicono le statistiche, abbiamo pianto 55 mila caduti nei cantieri, alle catene di montaggio, tra i ponteggi, lungo le arterie che attraversano il nostro Paese.

La Pertite non è un capitolo chiuso nella storia di un’Italia che non c’è più. E’ nei campi di Latina, dove Satnam Singh raccoglieva frutta e verdura a 4 euro l’ora, senza permesso di soggiorno e senza avere il diritto – agli occhi del suo datore di lavoro – di essere portato in ospedale dopo aver perso il braccio tranciato da un macchinario agricolo. E’ a Casalbordino, in Abruzzo, dove sono morti tre operai nello scoppio di una fabbrica che smaltisce e recupera polvere da sparo, altrettante vittime solo tre anni prima quando esplose una cassetta di razzi per le segnalazioni in mare. E’ lungo la linea ferroviaria Milano – Torino, dove i cinque componenti di una squadra di manutenzione sono stati travolti mentre riparavano un tratto di rotaia, in un punto in cui i protocolli di sicurezza non avrebbero permesso loro di essere in quel momento. Ritrovarci qui, lungo i decenni, nel nome delle donne e degli uomini che Piacenza ricorderà sempre come martiri del lavoro – forse tra le sue prime vittime civili di guerra – significa per noi coltivare la memoria anche come monito per il nostro tempo. Perché lì è la nostra Spoon River. E coloro che “dormono sulla collina” ci insegnano, ancora oggi, il valore della pace, del lavoro come strumento di dignità, uguaglianza e libertà, della vita come bene universale e supremo da tutelare.

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