Marcinelle: la memoria è viva se parla al presente e al futuro. L’intervento

Marcinelle: la memoria è viva se parla al presente e al futuro. Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del Responsabile Coordinamento Salute e Sicurezza della Camera del Lavoro Territoriale di Piacenza, Bruno Carrà.

L’8 agosto 1956, 68 anni fa, ricorre il giorno in cui avvenne la strage nella miniera di carbone Bois du Cazier nella cittadina belga di Marcinelle. Quel giorno si consumò una delle più grandi tragedie sul lavoro nel mondo: l’incendio che allora divampò costò la vita a 262 minatori, di cui 136 italiani, che morirono nella profondità della miniera. Un luogo della memoria per tutti, il simbolo per parlare di sicurezza e di una grande tragedia sul lavoro ma anche un monito per ripensare il presente e un futuro europeo coeso. Per il nostro Paese è importante ricordare il sacrificio delle vittime che stavano lavorando ma è anche un impegno imprescindibile di riflessione da parte del movimento sindacale. Gli operai a Marcinelle dovevano lavorare per vivere e per lavorare dovevano impiegare un pezzo della loro vita che non è una merce tra le merci. Marcinelle quindi non è solo giusta celebrazione e il mantenimento del ricordo in una memoria condivisa attraverso la ricorrenza di questa immane tragedia, ma va impedito che questo possa ripetersi, impegnandosi per ribadire i valori profondi sui quali è stata costruita l’Europa, tra questi il rispetto per la dignità umana, il lavoro dignitoso, la non discriminazione, l’uguaglianza e la democrazia.

Non solo quindi si deve omaggiare chi cadde allora e quanti hanno sofferto sfruttamento, ma serve incastrare questo ragionamento nell’odierna situazione. Nel 2023 in Italia secondo l’Inail sono stati denunciati 585.000 infortuni sul lavoro che hanno riguardato lavoratrici e lavoratori, di cui 1.041 mortali, e 72.754 sempre nell’anno scorso, sono state le malattie professionali refertate, perché di lavoro ci si può ammalare, anche se questo rimane un dato sottostimato in quanto l’Inail riconosce mediamente tre casi su dieci denunciati. Questi dati nell’anno in corso non hanno portato nessuna inversione di tendenza, confermando l’enormità della situazione. Nel primo trimestre del 2024 i morti sul lavoro sono stati in Italia 469, il 4,2% in più rispetto allo stesso periodo del 2023, dove furono 450, mentre 463 sono occorsi nel 2022; come in aumento sono anche le patologie di origine professionale, le malattie professionali, che arrivano ad essere 45.512 (+ 19,6% sul 2023). Le denunce nel complesso di infortunio – mortale e non – inoltre nel primo semestre di quest’anno sono state 299.303 (+ 0,9% rispetto a giugno 2023). 1 Una strage che in Italia non si ferma mai: si muore come cinquant’anni fa e passa, e non si fa nulla anche a seguito di un’ecatombe di morti infinita ed innumerevoli incidenti. A Piacenza poi in particolare sono 2.307 gli infortuni denunciati a giugno 2.024 rispetto ai 2.281 del giugno 2.023, e 47 sono gli infortuni mortali riscontrati nella nostra Regione, mentre 110 sono le malattie professionali denunciate in Piacenza nei primi sei mesi di quest’anno (+ 13,14% rispetto al 2023) quando erano 97 le domande denunciate nello stesso periodo. In Italia praticamente si muore ogni giorno sul lavoro, il Paese (istituzioni, politica e imprenditori) devono prenderne atto.

Il modello di fare impresa che ora si è affermato non può più essere accettato, in quanto al centro vige solo la logica del massimo profitto a qualsiasi costo, e la causa è una legislazione sul lavoro esistente che ha prodotto la possibilità di appaltare e subappaltare senza dover rispondere a nessuno, e che per questo la Cgil porterà il Paese a referendum per abrogare questo abominio insieme ad altri quesiti referendari. E’ per questo che come Confederazione Generale Italiana sul Lavoro chiediamo di andare alla radice del problema con misure più incisive per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori senza fermarsi al solo sdegno e cordoglio in caso di morte. Non si deve morire di lavoro, perché è da questa condizione che si giudica la civiltà e il progresso di una comunità internazionale o nazionale che sia. Per fare questo occorre che cambino radicalmente le politiche economiche per la costruzione di un nuovo modello sociale che miri al lavoro, alla giustizia, per lo sviluppo che progredisce, all’uguaglianza e alla democrazia. Sono ancora tanti purtroppo coloro che muoiono di lavoro in Italia, in Europa per non parlare del resto del mondo. Ogni tragedia sul lavoro non può essere considerata una fatalità, non lo è mai, come non lo è stata quella di Marcinelle.

L’incidente minerario di Marcinelle squarciò il velo di silenzi sulle terribili e inumane condizioni di lavoro nella miniera, che vedevano gli aspetti legati all’incolumità e alla sicurezza delle persone regolarmente messe in secondo piano rispetto alle esigenze della produzione. Quell’evento terribile, allo stesso tempo, permise di far luce sulla situazione di rifiuto e di emarginazione, dai chiari tratti razzisti, che i lavoratori italiani e le loro famiglie subivano nel Belgio di quel tempo. Un Paese che aveva stipulato con l’Italia accordi di fornitura di manodopera in cambio di carbone a prezzi vantaggiosi, l’odioso accordo uomini-carbone, che, nonostante le promesse di lavoro, casa e un futuro migliore per chi avesse accettato, praticava nei confronti dei lavoratori italiani un atteggiamento di discriminazione e di esclusione. Marcinelle nei pressi di Charleoui è oggi un sito belga protetto in quanto Patrimonio industriale e riconosciuto dall’UNESCO, come e quale patrimonio dell’umanità. Oggi la migrazione è ripresa anche nel nostro Paese, riguarda spesso i più giovani scolarizzati e per lo più laureati (sono più di 130.000 i giovani italiani espatriati in questo ultimo decennio), i dati ISTAT fotografano un’Italia sempre più vecchia e con sempre meno giovani laureati, mentre nel Mediterraneo perdono la vita in tanti che fuggono dalla loro terra a causa di miseria e povertà, della mancanza di libertà, per le guerre e per l’aumento delle temperature. Questo significa affrontare, nella piena consapevolezza delle differenze epocali rispetto ad oltre sessant’anni fa, i temi di TUTTE le migrazioni e le sfide che ci sono in termini di integrazione, inclusione e di costruzione di equilibri sociali e civili all’insegna del rifiuto di ogni forma di razzismo per un’Europa al passo con il presente. La discriminazione, l’assenza di accoglienza vera, la diffidenza con cui anche i lavoratori arrivati a Marcinelle per l’accordo italo belga, non è ed era il modello da perseguire per affrontare le migrazioni in Italia e in Europa perché la strada può essere solo quella dell’inclusione, del rispetto, dell’accoglienza e integrazione.

Massima attenzione perciò bisognerà prestare per il modello sociale, economico, culturale e politico che si affermerà in Europa nei prossimi mesi ed anni a venire: riprendersi il lavoro per battere le destre. Si deve difendere il modello sociale europeo che tutto il mondo ci invidia attraverso una governance centrale e condivisa. Fermare, quindi, il vento di una nuova austerità che può affacciarsi attraverso una controriforma come il Patto di stabilità e crescita che mette a rischio sanità pubbliche, scuole pubbliche e politiche di sostegno al lavoro e al reddito, cioè le aree chiave di quella che è l’Europa sociale, secondo modalità economicamente e socialmente insostenibili senza dimenticare la possibile estensione dell’inaccettabile deportazione degli emigranti extraUe dal territorio europeo sulla falsariga del protocollo-accordo Italia Albania siglato dalla premier italiana Meloni e da quello albanese Rama sullo spostamento dei migranti in territorio extraeuropeo. E anche No alla transazione militare e Sì a quella ecologica. L’Ue, e le nazioni appartenenti, devono imboccare la strada della centralità del lavoro a partire dalla sua stabilità, da un salario dignitoso, dalla protezione della salute e sicurezza di chi lavora, per i diritti sociali fondamentali come sanità e istruzione pubbliche. E’ ora di credere in un’Europa capace di riprendere i migliori valori culturali e sociali su cui è sorta, quelli socialisti e popolari. Bisogna rigettare un’Europa ricolma di nefasti nazionalismi particolari che ne possono compromettere il suo efficace dispiegarsi solidale e comunitario.

La legge e concezione del profitto e dello sfruttamento è ancora qui presente tra noi, e anzi con maggior forza tale situazione si è affermata negli ultimi anni e lega i minatori di un tempo di Marcinelle in Europa e la loro misera e precaria condizione di vita ai tanti lavoratori e lavoratrici di oggi e naturalmente ai migranti odierni. Non esiste più un progresso lineare su cui si è fondata la storia del movimento operaio nel secolo scorso, ma c’è ora un futuro da costruire nel tempo presente con scelte non più rinviabili. E sempre l’8 agosto, ma del 1940, 84 anni fa, con il Paese che si affacciava alla tragica seconda guerra mondiale voluta dal fascismo, a Piacenza nell’area militare della Pertite si verificò un gravissimo scoppio presso lo stabilimento che allora veniva denominato “Laboratorio Caricamento Proiettili”. In quell’incidente si registrarono 47 morti e quasi 800 feriti. Anche quel luogo e momento deve servire a valorizzare i posti come custodi di un ricordo della memoria che costruisce consapevolezza, oltre a saper mettere in campo riflessioni, discernimenti e agire che realmente riescano a costruire un domani diverso e migliore senza dimenticare quello che è successo in passato: questi sono spazi che diventano veri e propri tesori di conoscenza. Gli incidenti sul lavoro, poi, si ripetono anche oggi a tanti decenni di distanza con troppi e tanti morti sul lavoro nello stesso modo che quotidianamente continuano a redigere un terribile bollettino di guerra inaccettabile, nonostante le conquiste tecnologiche e civili che disponiamo.

Le parole inconcludenti e le promesse non mantenute del Governo ci hanno stancato, come solo rabbia e sdegno non bastano più. Una situazione che ogni giorno ci pone di fronte ad una emergenza per la quale la CGIL, è in prima linea per rivendicare investimenti e provvedimenti che rendano a tutti gli effetti attuativa una delle normative più avanzate nel contesto europeo, il DLGS 81/2008 che rappresenta un punto di equilibrio alto di un sistema che nel suo complesso non va in alcun modo superato (o arginato), ma anzi affinato: uno strumento che può contribuire a mettere fine alla strage di ogni giorno delle morti sul lavoro. 4 Ancora oggi, infatti, si muore lavorando a causa di scelte irresponsabili delle imprese, nel mancato rispetto di norme di sicurezza e protezione della salute conquistate in anni di lotte. Non ci fermeremo!