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Olimpiadi, atleti in ordine sparso e sport come sfondo integratore. ‘Ius scholae’ un buon compromesso

A parte l’avvenimento sportivo, le Olimpiadi hanno mandato messaggi in altre direzioni degne di nota. Innanzitutto, il valore culturale aggiunto del Paese ospitante, il non edificante spot dei Paesi sovranisti riguardo al supposto transgender delle pugili, finito in una bolla di sapone con tanto di medaglia per l’atleta e figuraccia di certa politica con i media complottisti al seguito. Ma l’evento che forse ha suscitato più commozione è stata la sfilata conclusiva delle squadre, che non si sono presentate in gruppi di nazioni solennemente inquadrati con tanto di bandiera, ma potremmo dire in ordine sparso con i segni della propria appartenenza sulle spalle, le medaglie al collo, in gruppi seppur definiti ma anche in stretto contatto tra di loro e nelle varie discipline sportive: etnie diverse, culture diverse, nazioni diverse, un canto comune e lo sport come sfondo integratore, da sembrare una festa per tutti.

Durante lo svolgimento delle gare correvano notizie di atleti naturalizzati da diversi Stati, perlopiù europei, anche se in fuga dal loro Paese d’origine; la stessa situazione si è presentata anche per l’Italia senza che però sia stata offerta loro la cittadinanza, anzi anche quelli nati qui da genitori stranieri sono stati oggetto di denigrazione, nonostante il loro decisivo contributo al successo nelle varie competizioni. Per poter consentire a giovani di diversa nazionalità di partecipare all’attività di squadre o club abbiamo dovuto aggirare l’ostacolo, quasi di nascosto, per non disturbare la politica contraria all’immigrazione, approvare una “leggina” sul cosiddetto “ius soli sportivo” che consentiva alle società sportive di tesserare ragazzi stranieri e se minorenni purché in regola con un anno di scuola. Forse si tratta di prendere atto che i giocatori italiani di nascita sono piombati nel buio del decremento demografico e che per ragioni di competizione anche economica occorreva rivolgersi a stranieri ai quali, nonostante gli alti compensi, non era possibile attribuire la cittadinanza italiana nei tempi necessari per esercitare la loro attività, come è successo in taluni casi di calciatori adulti.

Olimpiadi Parigi 2024 (da Facebook
(Facebook/Paris 2024)

Sport e scuola, due soggetti che iniziano a stare insieme per i giovani stranieri e che andranno a confezionare lo “ius scholae” l’elemento che potrebbe offrire maggiori garanzie per conferire la cittadinanza a giovani perlopiù nati in Italia che hanno frequentato sicuramente il primo ciclo di istruzione, risolvendo il problema dell’apprendimento della lingua italiana, ma anche costruendo una propria cultura e personalità in coerenza con i valori della nostra comunità, della Costituzione, amando la nostra Patria, così come vogliono i nuovi orientamenti sull’educazione civica. È opinione diffusa che lo ius scholae sia un buon compromesso rispetto alla situazione attuale, che costringe un giovane a un parcheggio troppo lungo, fino alla maggiore età, senza diritti, che oggi vengono esercitati in tempi sempre più precoci, creando discriminazioni tra chi ormai si sente simile in tutto agli italiani e per questo cittadini di questo Paese. Sul tema sono state presentate proposte di legge bipartisan (Polverini, Boldrini) che però non sono andate in porto, per disinteresse della politica nel suo insieme che non ha chiarito al suo interno il valore dell’intervento lasciandolo così preda dell’ondeggiante sistema dei rapporti di forza, a fronte del 72% degli italiani che hanno espresso al Censis il proprio consenso (2013).

Olimpiadi Parigi 2024 (da Facebook
(Facebook/Paris 2024)

Oggi, forse sull’onda della sensibilizzazione operata dalle Olimpiadi, il tema è tornato di attualità ed è stato ripreso sia da Forza Italia sia dal Partito Democratico e da altre forze di opposizione. Discutere sul numero di anni di frequenza sembra ozioso se non si vuole ancora trovare qualche scusa per fare marcia indietro. E poi mettere la scuola a baluardo dell’integrazione significa valorizzare una realtà, quella educativa, da anni impegnata su questo fronte con successi che si possono registrare anche sul versante della qualità della formazione. È infatti l’educazione che offre la garanzia per la costruzione di una cittadinanza impegnata per lo sviluppo della società. Ciò che è stato fatto fino a qui da dirigenti e docenti va sostenuto e potenziato e ampliato ai minori non accompagnati che parcheggiano in mano alle prefetture. Anche quest’anno gli studenti caleranno e solo i giovani di origine straniera potranno assicurare una certa base che potrà andare incontro alle esigenze del mercato del lavoro. Il pericolo è che la nostra comunità nazionale tenda a rinchiudersi alla ricerca di un’identità statica, che non è più interessante nemmeno per i giovani italiani, i quali non vogliono guardare all’indietro, ma aprirsi ad altri popoli ed altre culture. L’ingresso degli immigrati fa fare un salto di qualità al nostro sistema scolastico, che come è stato precisato in alcuni documenti dello stesso ministero, va verso l’internazionalizzazione.

Gian Carlo Sacchi

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