Biometano a Sarmato, il comitato per il no annuncia azioni legali “a tutela della cittadinanza”

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Si arricchisce di nuovi sviluppi la delicata questione della costruzione e l’esercizio, in prossimità del centro abitato, di un impianto per la produzione di biometano nel comune di Sarmato. Il comitato “RinnoviAMO Sarmato”, costituito per ostacolare la realizzazione di tale impianto, è orientato verso azioni istituzionali che non escludono esposti e class action. Questi i temi dibattuti giovedì sera, 12 settembre, alla presenza di circa 400 cittadini nel corso di un’assemblea pubblica dal titolo “Biometano – No grazie”, organizzata dal citato comitato. In una nota, il comitato precisa che non vi sono derive politiche in quanto “l’eterogeneità di tutti i suoi componenti, fondatori e non, è di per sé garanzia di obiettività e trasparenza”. Si pone l’accento sull’assenza di preconcetti riguardo le fonti di energia rinnovabili purché le stesse garantiscano salute e pubblica utilità. “Sarebbe stato auspicabile che l’amministrazione comunale fosse in concerto con le iniziative del comitato – si legge nella nota – così come il sostegno offerto da altri Comuni limitrofi a Sarmato, ma la stessa non ha inteso aderire né sostenere la cittadinanza in questa protesta. Non siamo contro l’impresa che legittimamente ha inoltrato una richiesta ora al vaglio dell’Agenzia Arpae e non siamo neppure affetti dalla sindrome Nimby, contro il motto ‘fatele dappertutto ma non nel mio orto’: Sarmato ha una storia infinita di disagi ambientali che perdura ancora oggi e credo che sia giunto il momento di riprenderci alcune delle nostre sacrosante libertà”.

Il comitato RinnoviAMO Sarmato dichiara di identificare la propria dottrina nell’articolo 41 della Costituzione Italiana che, pur riconoscendo che l’iniziativa economica privata è libera, gestisce la stessa in merito alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Il perseguimento di questi princìpi cardine – spiega il presidente Bruno Fellegara – impongono delle riflessioni: “emissioni da particolato pm10 con soglie di superamento tra le più alte in Italia, dati Arpae; ubicazione dell’impianto in essere a poche centinaia di metri (300 metri) dall’abitato con relative conseguenze di sicurezza; libertà personale minata da emissioni odorigene; significativo deprezzamento del patrimonio immobiliare del paese”. “Quante attività produttive, commerciali, residenziali, ricreative, turistiche saremo in grado di attrarre se continuiamo a consentire insediamenti ad alto impatto ambientale? Nel paese è già attivo un impianto per la produzione di biometano – prosegue il comitato – unico in provincia di Piacenza, sui sei totali dell’Emilia Romagna, e che non c’è un solo paese oltre a Sarmato che vanti, a fronte di una popolazione di meno di 3mila anime, la presenza di due impianti di produzione di biometano. Nel territorio sono attivi, da parte di diverse aziende agricole, impianti di biogas o biometano agricolo che soddisfano in questo modo il proprio fabbisogno energetico, ma che inevitabilmente cumulano anche loro le concentrazioni in atmosfera”.

“Sono state fatte a inizio estate richieste ad Arpae e al Comune di visionare i documenti progettuali – prosegue la nota del comitato RinnoviAMO Sarmato – ma ad ora nulla di concreto è giunto. Si è dunque arrivati alla necessità di avviare azioni legali a tutela della cittadinanza, intervenendo in primo luogo presso l’Autorità nazionale anti corruzione (Anac) in quanto non ci è stato possibile avere accesso agli atti, chiedendo aiuto anche al ministero dell’Ambiente, alla Guardia di Finanza e ai carabinieri del Nas al fine di verificare la solidità economica e patrimoniale della società agricola che ha presentato l’istanza. Si intende verificare la dotazione di una adeguata copertura fideiussoria o assicurativa da utilizzarsi nel malaugurato caso si determinasse un incidente o uno scoppio all’interno dell’insediamento produttivo, così come assicurare la regolarità dell’intervento rispetto a quanto disposta dal Decreto 309/2023 che raccomanda l’esecuzione di una valutazione sugli aspetti degli odori che proporremo venga eseguita a cura e spese del soggetto attuatore, ma da un ente terzo (es. Politecnico di Milano). Infine intendiamo verificare il rispetto del ‘principio di precauzione’, ratificato nel 1992 dalla Convenzione di Rio de Janeiro e inserito nel 1994 nel Trattato dell’Unione Europea ‘in base al quale un prodotto o un processo produttivo non vanno considerati – come si è fatto finora – pericolosi soltanto dopo che è stato determinato quanti danni ambientali, malattie e morti producono, ma al contrario, possono essere considerati sicuri solo se siamo in grado, al di là di ogni ragionevole dubbio, di escludere che possano presentare rischi rilevanti e irreversibili per l’ambiente e per la salute'”.

Assemblea Sarmato biometano

“Come terzo e ulteriore provvedimento – dicono ancora dal comitato – si avvierà il dovuto approfondimento, anche con il concorso e l’ausilio di un giudice emerito della Corte Costituzionale, per avviare una class action volta a determinare, in sede civile, con il coinvolgimento degli enti e delle istituzioni preposte, il recupero del danno economico subito dalla popolazione e dalle generazioni future: ‘siamo noi che dobbiamo poter essere risarciti economicamente e in solido da parte dei responsabili, per i danni sofferti, sia sotto l’aspetto della salute pubblica che della perdita di valore del nostro patrimonio immobiliare’.  Viene posto particolare riguardo circa la quantità di biomassa agricola e refluo zootecnico necessari per il funzionamento dell’impianto (500 standard mc/h di biometano) per cui servono 30 mc/h di reflui liquidi da allevamento zootecnici bovini, 90 mc/h (circa 700 kg di mais al mc) e equivalente di 700/800 Ha di mais e il tutto deve avvenire nel raggio di 10/15 km max. Visto che l’impianto della vicina ANB (circa 3,5 km in linea d’aria) è in fase di costruzione e già con contratti stipulati con aziende agricole del territorio e fornitori di biomasse vegetali composti da mais e reflui zootecnici, ci si chiede come sia possibile sostenere tale iniziativa del punto di vista economico, agronomico, ambientale e sociale. Si prevede quindi una eventuale autorizzazione per lavorare la raccolta differenziata dell’organico Forsu che di per sé è ricco di metalli pesanti e microplastiche (sul territorio è già presente una realtà che si occupa dello smaltimento)”.

“Viene fatto un ultimo inciso – conclude – sull’incarico che l’amministrazione comunale ha conferito al Centro ricerca produzione animali (Crpa) di Reggio Emilia per valutare la condizionalità del progetto e si evidenzia che nei territori limitrofi all’eventuale insediamento, sono già presenti realtà simili, (dai 5 ai 30 km di distanza) che utilizzano solo colture energetiche “dedicate” (mais, sorgo, triticale) e contemporaneamente liquami zootecnici (codigestione). Ci si domanda come possa il Crpa giustificare una sostenibilità ambientale ed economica nel territorio quando la situazione dei materiali da conferire risulterebbe ormai satura. Senza contare che i cittadini di Sarmato stanno già pagando un impatto del territorio per varie criticità: vedasi la centrale elettrica della Casella, l’autostrada Torino-Piacenza, la ferrovia Piacenza-Voghera, la strada statale 10 via Emilia, le aree industriali, artigianali, commerciali già presenti. Oltre alle possibili emissioni in fase di caricamento e di trasferimento dai digestori sarebbero potenzialmente critici in caso, non infrequente, di guasti ai sistemi di controllo o all’impiantistica, specie come biogas, meno come biometano, peraltro pericoloso perché infiammabile e/o esplosivo. Il comitato ritiene, a ragion veduta, che il paese sia saturo e dice: Biometano? No, grazie”.

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