“L’uomo smetta di considerarsi un superpredatore e rispetti ogni forma di vita”

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L’uomo può veramente definirsi più intelligente di una mucca o di un albicocco? Siamo in grado di realizzare capolavori, come la Cappella Sistina e i Fratelli Karamazov, ma nell’arco di 50 anni abbiamo dimezzato le specie animali, l’impronta ecologica delle città che abitiamo supera quella delle nazioni che le ospita. Siamo davvero homo sapiens? A stimolare questi interrogativi il professor Stefano Mancuso, scienziato e divulgatore, che ha tenuto in piazza Cavalli a Piacenza una vera e propria lectio magistralis nell’ambito del Festival del Pensare Contemporaneo.

Mancuso Festival del Pensare Contemporaneo

“Noi uomini ci consideriamo – dice Mancuso – il fulcro della vita, mentre in realtà siamo irrilevanti. Ciò che rende il nostro pianeta diverso da tutti gli altri è proprio la presenza della vita, un fattore che tendiamo a sottovalutare, perché ne siamo circondati. La consideriamo una cosa comune, in realtà è la cosa più rara dell’universo”.

Mancuso Festival del Pensare Contemporaneo

Proprio per questo va rispettata, in ogni sua forma: sulla Terra, il pianeta blu, è concentrata nella biosfera che è uno strato sottile di circa 20 km che circonda la superficie terrestre. L’uomo, che si considera una forma di vita intelligente, se ne prende cura? Pare di no. Prima di tutto le forme di vita animale, di cui fa parte anche l’uomo, rappresentano solo lo 0,3%, contro l’87% rappresentato dalle piante. “Dobbiamo smetterla di considerarci dei superpredatori oppure prima o poi il nostro pianeta ce ne chiederà il conto”. L’urgenza di invertire la rotta è già chiara: nel 2022 sono due i campanelli di allarme che si sono fatti sentire in maniera molto chiara. “Per la prima volta nella storia di questo pianeta c’è più materiale sintetico prodotto dall’uomo, in peso, che vita. Per materiali sintetici intendo cemento, plastica, asfalto. Ora, che una specie come la nostra, che rappresenta lo 0,01% della vita del pianeta, sia stata in grado di fare una cosa del genere è davvero straordinario. Ovviamente uso il termine straordinario come fuori dall’ordinario, ma il senso è deleterio. Perché voi abbiate un’idea di che cosa sta accadendo – ha detto rivolgendosi al pubblico -, agli inizi del Novecento la percentuale di materiale sintetico prodotto dall’uomo rispetto al peso della vita era inferiore all’1%. E’ chiaro che in un secolo abbiamo capovolto questa proporzione”.

L’altro allarme arriva dallo studio redatto dall’università di Cambridge nel 2022: secondo questo report, dal 1970 ad oggi si sono dimezzate le specie animali presenti. “Non stiamo parlando di specie rare, ma del fatto che se ne 1970 erano presenti 100 animali, ora ce ne sono 50”. Davanti a questa situazione come può l’uomo definirsi una specie migliore? “E’ un concetto che in natura non esiste, non esistono specie migliori, ma quelle che si adattano. Se ti consideri il migliore, ecco che tutte le altre forme di vita sono una risorsa: gli animali diventano bestiame, le piante legname”. “Non conta il considerarsi migliori perché siamo in grado di dipingere la Cappella Sistina o scrivere i Fratelli Karamazov. Quello che conta è la sopravvivenza della specie. Allora dobbiamo domandarci, in questa gara, come siamo messi quando una specie su questo pianeta mediamente vive 5 milioni di anni e l’homo sapiens è invece sulla Terra da 300.000 anni. Aspettiamo pazienza e umiltà e se saremo qui fra 4.700.000 anni vorrà dire che avremo saputo fare buon uso del nostro grande cervello di cui siamo così orgogliosi”. Un banco di prova potrebbe essere il ricorrere a una conversione ecologica: al momento il 50% della superficie abitabile del pianeta è utilizzata per l’agricoltura e quindi per la produzione di alimenti. “Va benissimo, però come usiamo questo 50%? Il 77% viene dedicato alla produzione di prodotti animali e da questo ricaviamo solo il 18% delle calorie che servono all’uomo. Ora, io non sono né un talebano o un integralista in campo alimentare, mi spaventa qualunque tipo di fondamentalismo, ma perché non ridurre del 25% il consumo di prodotti animali – dice il prof. Mancuso -. In questo modo sarebbe possibile liberare una superficie di terra pari a 1,2 volte gli Stati Uniti, da dedicare alla piantumazione di oltre mille miliardi di alberi. Cambieremmo la storia del riscaldamento globale: potremmo riassorbire circa il 30% dell’anidride carbonica e risparmiare un enorme quantità di materie prime”.

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