I fotografi piacentini tornano dalla missione Polonia con tre profughi in fuga dalla guerra

Sono rientrati alle 2 di questa notte (10 marzo) i fotografi piacentini Marco Salami e Sergio Ferri. Protagonisti di una missione umanitaria per portare aiuti ai profughi in fuga dalla guerra in Ucraina scatenata da Vladimir Putin. A bordo della loro vettura hanno portato fino a Piacenza tre donne ucraine scampate al conflitto. Quattro giorni intensi quelli trascorsi dai due reporter, durante i quali hanno consegnato il loro carico di medicinali e beni di prima necessità nella cittadina polacca di Przemysl, a cinque chilometri dal confine con l’Ucraina e punto di raccolta dell’umanità che fugge dalla distruzione e dalle bombe.

Salami e Ferri sono assurti agli onori della cronaca nazionale per l’incontro ravvicinato con Matteo Salvini, accolto polemicamente alla stazione della cittadina polacca dal sindaco Wojciech Bakun: il video nel quale viene rinfacciata al leader leghista la maglietta indossata con l’effigie di Putin è diventato virale, nonchè un caso politico. A Sergio Ferri, rientrato al lavoro nel suo ufficio di Piacenza chiediamo come è andato il viaggio di ritorno con le donne salvate dalla guerra.

“Abbiamo avuto il contatto tramite alcuni ucraini di Piacenza che ci hanno indicato – spiega – queste persone che potevano trovare accoglienza nella nostra provincia. Così ci siamo impegnati nella loro ricerca. Non è stato facile, visto che l’esodo dei profughi è sempre più imponente e c’è anche tanta confusione. Eravamo sul punto di partire per Leopoli, quando siamo riusciti a trovarle in alcuni dei campi profughi disseminati in diverse città polacche, per questo il viaggio di ritorno è stato più lungo. Siamo dovuti passare a Wroclaw e attraversare il confine tedesco per passare a Dresda e tornare dalla Germania, siamo partiti mercoledì mattina e siamo arrivati a Piacenza nella notte”. Insieme a loro mamma e figlia scappate da Charkiv, una delle prime città bersaglio dei bombardamenti russi, e un’anziana 80enne residente a circa 100 chilometri da Kiev. La prima coppia ha trovato accoglienza da una conoscente della figlia a Borgonovo, mentre la seconda è tornata dalla figlia che risiede e lavora a Niviano di Rivergaro.

“Abbiamo visto l’angoscia nei loro occhi – ammette Ferri – ci hanno mostrato video e immagini della distruzione nelle loro città, le donne in fuga da Charkiv ci hanno raccontato di aver trascorso più di una settimana negli scantinati, per sfuggire al martellamento delle bombe. Hanno vissuto un’esperienza devastante”.

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