Shoah, la storia di Carlo Abenaim e la famiglia di Pontedellolio che lo salvò foto

A raccontare la storia della famiglia Abenaim, in occasione della "Giornata della memoria" sarà, lunedì alle ore 9 nell’Auditorium Sant’Ilario, il figlio di Carlo Abenaim, Umberto

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La storia della sua famiglia Carlo Abenaim l’ha taciuta per tanti anni. Immaginiamo che le parole gli si strozzassero in gola ricordando ciò che era accaduto, fatti ai quali è difficile trovare un senso. Tutta la sua famiglia, tra il 1943 ed il 1945, infatti, è stata uccisa nei campi di concentramento: la sorella Wanda ad Auschwitz così come il cognato, il rabbino Riccardo Pacifici (nonno dell’omonimo presidente della Comunità Ebraica di Roma). Il fratello Ettore, invece, morì a Buchenwald, triste ironia della sorte, solo pochi giorni prima della liberazione.

A raccontare la storia della famiglia Abenaim, testimoniando ai giovani studenti delle scuole piacentine in occasione della “Giornata della memoria” sarà lunedì 27 gennaio alle ore 9 nell’Auditorium Sant’Ilario, il figlio di Carlo Abenaim, Umberto. All’incontro parteciperà anche Carla Antonini, direttrice dell’Istituto Storico della Resistenza, che approfondirà il tema dell’applicazione delle leggi razziali nel piacentino.

Da eroe della Guerra d’Africa a perseguitato – Una famiglia ebraica borghese perfettamente integrata nella vita del tempo. Questo era il ritratto degli Abenaim nella Pisa d’inizio ’900. A dimostrarlo è il fatto che Carlo Abenaim, ingegnere, abbracciò la carriera militare e, nel 1935, combattè la Guerra d’Africa e fu insignito della Croce al Merito.

A cambiare la vita degli Abenaim, come di tutti gli ebrei italiani, furono le leggi razziali promulgate nel 1938 dal governo fascista di Benito Mussolini. Carlo Abenaim venne cacciato dall’esercito ma, visti i meriti di guerra, gli fu permesso di lavorare a Torino come ingegnere. Cinque anni dopo, l’inasprimento delle stesse leggi, portò, invece, ad un’autentica “caccia all’ebreo” che raggiunse il suo apice, dopo l’8 settembre, con le deportazioni nei campi di concentramento.

Quella lettera “scivolata” dal convoglio diretto ad Auschwitz – Una leggenda ebraica racconta che il mondo si basa su delle colonne, su quei giusti che sempre, in ogni caso, anche a rischio della vita, scelgono il bene. Sono tanti i giusti che compaiono in questa storia. Come il cardinale, arcivescovo di Genova, Pietro Boetto ed il suo segretario don Francesco Repetto, che cercarono di salvare l’intera comunità ebraica di Genova ed il suo rabbino Riccardo Pacifici (purtroppo, invece, catturato e torturato dalle Ss e poi trasportato ad Auschwitz dove troverà la morte). Oppure il cardinal Elia della Costa, vescovo di Firenze, che permise a Carlo Abenaim di nascondere i nipoti nel Collegio Santa Marta e la sorella Wanda nel Convento delle Suore del Carmine del capoluogo toscano. Ed anche la mano pietosa che imbucò l’ultima lettera alla famiglia che Wanda Abenaim, rastrellata dalle Ss che fecero incursione nel convento, fece scivolare dal treno che l’avrebbe condotta nel lager.

Una famiglia piacentina tra i “giusti” – Tra i giusti di questa storia c’è anche una famiglia piacentina, di Riva di Pontedell’Olio. Carlo Abenaim, infatti, dopo aver nascosto la madre, la sorella ed i nipoti, si consegnò, grazie a documenti falsi, come italiano ai nazisti. Venne destinato a Piacenza, alla ricostruzione del ponte sul Po bombardato da aerei americani ed inglesi. Furono mesi di terrore. In ogni momento, infatti, l’uomo era pervaso dalla paura di essere scoperto, di essere riconosciuto come ebreo. Ad aiutarlo fu un’amica, conosciuta anni prima, mentre lavorava a Torino, la piacentina Wanda Boselli, collaborazionista con i partigiani, che anni dopo diventerà sua moglie. Fu lei a nasconderlo presso i fratelli Antonio (partigiano) e Carlo Bosi (reduce dal fronte albanese) di Riva di Pontedell’Olio che lo tennero nella loro casa, trattandolo come un figlio, sino alla fine della guerra.

I Giusti delle Nazioni – Da allora sono passati 69 anni. La famiglia Abenaim non dimentica: ha recentemente inviato allo Yad Vashem, infatti, la documentazione per far riconoscere la famiglia Bosi “Giusti delle Nazioni”. Carlo Abenaim nel dopo – guerra è stato reintegrato nell’esercito e, con il grado di generale, è stato direttore dell’Arsenale Militare di Piacenza. Sono sopravvissuti all’Olocausto anche i nipoti Emanuele e Raffaele Pacifici; il primo, ridotto in fin di vita nell’attentato palestinese alla sinagoga di Roma del 1982, è il padre di Riccardo Pacifici attuale presidente della Comunità Ebraica di Roma. 

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