“Più collaborazione tra gli spazi giovanili con lo sguardo a Piacenza 2030” L’INTERVISTA video

Guarda al 2030 l’assessore Francesco Brianzi, fermamente convinto che di tempo da perdere non ce n’è. Una delle sue deleghe è appunto all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu. “Dobbiamo attivarci”, avverte, prima di annunciare il piano d’azione che il Comune di Piacenza, e in particolare il suo assessorato, intende osservare da qui alla fine del mandato. Tuttavia gli obiettivi, per Brianzi, non si esauriscono nel 2027 ma la progettualità deve continuare fino all’anno indicato dalle Nazioni unite. Politiche giovanili, Università e ricerca e Next generation Eu sono le altre deleghe che la sindaca Tarasconi ha affidato a Francesco Brianzi, che ci spiega il significato e le linee guida del proprio lavoro.

francesco brianzi

‘Chi sono’ i giovani piacentini e cosa fanno?

È difficile da mappare una ‘categoria giovani’: uno dei miei obiettivi è capire meglio la vocazione di quelli che risiedono a Piacenza e l’idea di città che hanno in mente.  Politiche giovanili significa trasversalità: si toccano tantissimi ambiti d’interesse, opportunità, criticità e problematiche da risolvere nella relazione con un’utenza definita in un range d’età dai 14 ai 35 anni e dunque include le più diverse personalità e realtà. Abbracciare questa fascia così ampia è una sfida impegnativa ma affascinante.

Molti giovani decidono di andare a lavorare lontano da Piacenza. La nostra città non offre abbastanza? Cosa fare per trattenerli?

Piacenza sicuramente può offrire di più ai giovani, ce ne siamo accorti già nel corso della campagna elettorale. Credo sia urgente che il territorio risponda maggiormente alle loro esigenze, sapendo che però ogni contesto ha la sua vocazione. Capiterà ancora che altri talenti decideranno di realizzare la propria vocazione fuori dalla città. E allora forse diventa importante anche valorizzare l’impegno di quei giovani piacentini che, nel mondo, lavorano magari in contesti sovralocali, anche se ci piacerebbe che rimanessero qui e si spendessero per il proprio territorio.

Agenda 2030. Fra i 17 obiettivi, su quale Piacenza è più carente? Dove bisogna intervenire?

Il 2030 è dietro l’angolo, quindi dobbiamo attivarci. Per rispondere alla chiamata dell’Onu bisogna misurare il raggiungimento di questi obiettivi: perciò abbiamo aderito alla sperimentazione della Regione Emilia Romagna vòlta a territorializzare gli obiettivi di Agenda 2030. L’amministrazione sa bene che ci sono obiettivi su cui la città è più avanti, ci sono obiettivi cruciali: a me piace molto l’obiettivo 11 ‘Città e comunità sostenibili’ su cui davvero il livello d’indagine e di raccolta dati è fondamentale per orientare le scelte dell’amministrazione.

A Piacenza è arrivata la Carovana Youz, poi il Festival della Cultura tecnica e tante altre iniziative. Cos’altro dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro?

Sono iniziative che denotano una partnership forte con altre realtà istituzionali, la Carovana Youz con la Regione Emilia Romagna e il Festival di Cultura tecnica con la Provincia di Piacenza. Il Comune da solo può mettere in campo delle iniziative, ma queste diventano più forti se c’è una condivisione degli obiettivi con gli enti del territorio. Non parlo soltanto del pubblico ma anche del privato, del mondo universitario e del terzo settore, che per i giovani può fare tantissimo.

Oltre alle iniziative “occasionali”, che progetti ci sono per quanto riguarda eventi “strutturali” e “continuativi” che siano interessanti per i giovani?

Abbiamo centri di aggregazione comunali che hanno una storia che tutti conoscono, mi riferisco a Spazio 2, Spazio 4, Giardini sonori, senza dimenticare gli spazi per l’innovazione come Urban hub e Laboratorio aperto. Sono realtà che forse finora hanno lavorato un po’ troppo autonomamente, nel bene e nel male, e che sarebbe bello mettere in relazione, anche nell’ottica di attrarre finanziamenti vòlti a creare delle progettualità condivise, organizzate in una logica di rete.

Sempre sugli eventi culturali. A Piacenza abbiamo diversi spazi (sia al chiuso che all’aperto) che offrono cultura di vario genere, ma spesso le persone non conoscono le opportunità che la città offre. È un problema di promozione?

Sicuramente – e penso anche a un recente articolo legato ai social media del Comune di Piacenza uscito su Piacenzasera.it – il tema della comunicazione è molto importante e urgente, così come quello della sicurezza, deleghe che la sindaca ha deciso di tenere per sé proprio perché necessitano di un’azione di sistema da parte dell”Azienda Comune di Piacenza’. Cercheremo non solo di lavorare su una comunicazione istituzionale, molto importante, ma, per quanto riguarda specialmente le mie deleghe, di adottare strumenti di comunicazione più legati alle utenze che si vogliono raggiungere.

Coinvolgere università e universitari nelle attività della città. Ora non sono coinvolti? Perché?

Dire che non c’è un coinvolgimento mi pare esagerato. A Piacenza abbiamo una ricchezza, a differenza di tante altre città, e cioè abbiamo tanti atenei. Con l’arrivo anche dell’Università di Parma la proposta accademica è davvero ampia e forse manca un po’ l’elemento di sistema: ci sono tanti universitari e per loro una proposta coordinata, nella relazione con gli enti del territorio, diventa cruciale. Penso banalmente alla Festa delle matricole, una prima azione che abbiamo portato avanti in continuità con la precedente amministrazione: abbiamo ricevuto la disponibilità di quindici universitari che, in partnership col Comune e con gli enti del territorio, l’hanno realizzata, con un bel numero di adesioni. Ciò dimostra che la ‘fame’ da parte degli universitari, se coinvolti, c’è.

Da ormai un anno Piacenza ospita la facoltà di Medicina in inglese dell’Università di Parma (che presto verrà spostata in centro città), che si aggiunge alle varie opzioni possibili per chi vuole studiare nella nostra città. Cosa manca ancora?

L’offerta sul territorio è ricca. Mi premerebbe lavorare sulla qualità dei corsi offerti e, se si parla di nuove attivazioni, che mantengano una vocazione legata al territorio.

Spazi per la promozione di attività giovanili. Li avete già individuati? Quali opportunità in più avranno i giovani piacentini?

Ci sono spazi in corso di valutazione per nuove aperture, i cui tempi dipendono anche da assessorati vicini con cui stiamo lavorando a stretto contatto: con l’assessora all’Urbanistica Adriana Fantini è già aperto un canale stretto di collaborazione e confronto. Prima di aprire nuovi spazi, è necessario però far lavorare ‘bene’ quelli che ci sono sul territorio, mettere tutti nelle condizioni di poter attrarre giovani nei propri contesti. Creando questa base d’utenza sarà poi facile capire se ulteriori spazi, e dedicati a che cosa, verranno attivati.

Anche a Piacenza è diffuso il fenomeno dei Neet, ovvero quelle persone che non studiano e non lavorano. La Regione ha da poco stanziato dei fondi per la formazione professionale l’aggregazione giovanile e i laboratori aperti. Innanzitutto, le chiedo quanti soldi abbiamo noi a Piacenza da questo finanziamento e come verranno usati. E poi le chiedo anche, quest’iniziativa basta a risolvere il problema o ci vuole dell’altro?

Premetto che i fondi della Regione sono variegati e si intersecano con cofinanziamenti comunali, fondi europei e statali che riceviamo e spendiamo per contrastare il fenomeno dei Neet. Penso ai 350mila euro che la Regione mette in campo dai Fondi europei di sviluppo regionale (Fesr) per Laboratorio aperto, ma anche ai circa 40mila euro che investiremo su Informagiovani, che ha un ruolo strategico: non è più solo uno ‘sportello’, il suo compito è di avvicinamento, raggiungimento di quelle che possono essere le categorie a rischio. Certo, la tematica Neet va affrontata con varie realtà, penso alla Formazione professionale: ci sono enti sul territorio che ricevono finanziamenti da spendere in questa direzione e stiamo cercando di mettere in campo azioni condivise. Ci sarà un incontro aperto alla cittadinanza, e in particolare ai giovani, il prossimo 12 dicembre (ore 14.30) a Spazio 2, un luogo che nasce una vocazione fortemente legata al lavoro e all’orientamento.

Alcuni giorni fa, parlando con l’assessore Dadati, è emerso il problema (purtroppo ricorrente) della violenza sui campi da calcio, soprattutto nelle categorie giovanili. È difficile pensare che certi atteggiamenti si limitino solo allo sport. C’è attenzione da parte del suo assessorato?

Assolutamente sì. Con l’assessore Dadati stiamo mettendo in campo tante riflessioni e iniziative congiunte. Lo sport è una palestra di vita, così come altre iniziative che metteremo in campo per i giovani: penso in particolare ad azioni che riguardano la gestione emotiva e la cultura della sconfitta. Qualche giorno fa, in un incontro significativo che abbiamo avuto in occasione della presentazione di un libro, è emerso come diventi cruciale educare i ragazzi, e aiutare le istituzioni e le agenzie educative che in prima linea fanno questo, a cogliere il valore anche della sconfitta. Viviamo in una società che da questo punto di vista educa forse al contrario.

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