Le Rubriche di PiacenzaSera - Pillole di Economia

Immigrati, il petrolio italiano. A quando una politica per evitare la “bomba sociale”?

IMMIGRATI – IL PETROLIO ITALIANO di Mauro Peveri
Questa nuova pillola di economia riporta esattamente il titolo di un articolo che tratta anch’esso d’immigrazione e che ho pubblicato nel 2015 su una rivista della CCIAA di Piacenza.
Chi vuole può leggere l’articolo cliccando qui

Ho richiamato l’articolo del 2015 perchè nonostante siano passati otto anni sottoscrivo interamente quanto ho precedentemente scritto. L’articolo aveva bisogno soltanto di un aggiornamento e così ho pensato di scrivere quanto segue nonostante da allora sembra che nulla sia effettivamente cambiato. Gli sbarchi di immigrati continuano, ed anzi le condizioni geopolitiche: guerre, terremoti, cambiamenti climatici, crisi economica, e catastrofi varie, contribuiscono al loro incremento. Questo accade nonostante le dichiarazioni “roboanti” dei Governi che si succedono, compreso l’ultimo in ordine di tempo, quello attuale, che ha vinto le elezioni promettendo che avrebbe stroncato il flusso della immigrazione irregolare. Dalle promesse tipo, “la pacchia è finita”, “faremo il blocco navale”, “lo Stato deve difendere i propri confini” e altre affermazioni simili, che possiamo declinare come semplice propaganda, siamo passati alla recentissima, ma vecchia, affermazione del nuovissimo Ministro dell’Interno Piantendosi che dice: “gli immigrati non devono partire”.

Questa affermazione banale sarebbe ridicola se non fosse tragica. Vorrei che il Ministro dell’Interno spiegasse questa cosa ai genitori afghani e siriani che hanno portato con sé i figli sopravvissuti al naufragio recentissimo di Cutro (Calabria) in cui sono affogate decine di persone e di bambini, e ai milioni di disperati che sono pronti a partire e che si trovano in Turchia, Libia e Tunisia: persone che scappano da guerre, fame, terremoti. L’affermazione non è proprio una novità visto che se ne parlava già nel 2015 (otto anni fa) quando ho scritto il precedente articolo. Fatta questa premessa, vorrei aggiornare il mio pensiero sul problema immigrazione partendo da un punto di vista diverso rispetto alle analisi proposte dal mainstream dei media nazionali e che avevo già introdotto otto anni fa: il tasso di natalità e mortalità italiano.

Tasso di natalità/tasso di mortalità in Italia – Nel 2021 le nascite della popolazione residente sono state 400.249 (studio Istat), circa 4.500 in meno rispetto al 2020 (-1,1%), che rispetto ai residenti pari a 59.110.000 rappresenta un tasso di natalità del 6,7%, valore tra i più bassi d’Europa e del Mondo sviluppato, mentre i morti sono stati 709.000, che significa un tasso di mortalità è stato del 12,0%. I morti, dunque, sono stati quasi il doppio dei natiIl 2022, con dati non definitivi, si annuncia in ulteriore peggioramento rispetto ad un 2021 che potremmo definire drammatico. Questo fenomeno in atto da molti anni per cui i morti superano i nati (pur al netto dell’influenza negativa del Covid nel periodo 20/22) determina una progressiva riduzione della popolazione, che associata al suo invecchiamento e all’aumento dei giovani che non lavorano e non studiano (Neet), genera una progressiva riduzione del numero dei residenti in valore assoluto e un peggioramento del rapporto persone attive/inattive, con conseguenze catastrofiche sul futuro equilibrio sociale ed economico del Paese. Un segnale di questa bomba sociale che ci attende è la sempre più complicata ricerca del personale che le imprese italiane registrano ogni giorno. Secondo i recenti dati Anpal e Unioncamere (2023) nei settori Industria, agricoltura e turismo, mancano più di 500 mila lavoratori. La combinazione di questi fattori mette a rischio il sistema del welfare italiano: futura insostenibilità del sistema pensionistico, sistema sanitario che rischia di esplodere per l’assenza di personale paramedico e medici specializzati, assistenza agli anziani sempre più costosa.

Cosa fare? I Governi che si sono succeduti nel tempo, hanno tentato e stanno tentando di correre ai ripari con politiche che cercano di migliorare l’appeal familiare agevolando chi fa più figli: assegni familiari, regole fiscali che agevolino le famiglie numerose, ecc. Occorre considerare però che queste iniziative, pur sensate, possono essere identificate come semplici palliativi che non possono certo invertire un fenomeno che ha colpito il nostro Paese e che dura da decenni. I Governi e la società civile devono dunque fare un bagno di umiltà e prendere atto della realtà: le popolazioni sviluppate socialmente ed economicamente “fanno” meno figli. La Storia meno recente e più recente è piena di esempi in questo senso. Le popolazioni che nella storia hanno dominato il Mondo: I Greci, i Romani e prima gli Egiziani, hanno sofferto della progressiva riduzione della popolazione autoctona e dell’incremento delle popolazioni prima conquistate e poi integrate. Oggi vista la caduta dei tassi di natalità addirittura la Cina, con il suo miliardo e mezzo di abitanti, ha annullato il programma pluridecennale di controllo delle nascite che prevedeva che una coppia non potesse avere più di un singolo figlio. Secondo un recente studio di eurostat, i cui dati trovate al seguente link, il numero complessivo della popolazione europea è in declino, e cosa molto grave il numero dei giovani rispetto agli ultra-sessantacinquenni tende a ridursi progressivamente.

L’Italia è lo Stato che registra la peggiore performance. (fonte elaborazione dati Istat pubblicata su Wikipedia)

Il tasso di natalità italiano, dopo la ripresa registrata alla fine degli anni 50 e fino al 64, è tornato in territorio negativo e ad oggi la riduzione dei nati non si è ancora arrestata, nonostante in Italia risiedano oltre cinque milioni di stranieri integrati, che lavorano, i quali oltretutto hanno un tasso di natalità superiore a quello degli italiani autoctoni. La politica e la società tutta deve prendere atto di un fatto incontrovertibile: le famiglie più numerose sono anche in genere le famiglie più povere e sono spesso collocate nei Paesi con il reddito pro capite più basso. I Paesi con il tasso di natalità più alto sono quasi tutti collocati nell’Africa sub sahariana come evidenzia in modo inequivocabile il grafico che segue:

Come ho già scritto nel 2015, il nostro Paese, se si vuole salvare da un declino economico e sociale senza precedenti, deve accogliere gli immigrati. Secondo i recenti dati dell’Istat (mercato del lavoro del terzo trimestre 2022 in Italia) il tasso di occupazione delle persone con cittadinanza straniera (61%) supera anche se di poco quello con cittadinanza italiana (60,2%), la differenza a favore dei primi è invece molto ampia osservando il dato per genere, stranieri maschi 75,1%, italiani maschi (69,1%):

In Italia abbiamo circa cinque milioni di residenti di origine straniera, che pagano le tasse, versano i contributi all’Inps, e tengono in piedi il welfare nostrano; senza gli stranieri residenti il sistema sociale ed economico del Paese sarebbe già saltato. Credo che oggi ognuno di noi sia in grado di verificare quanto sia problematico per le imprese trovare personale disposto e pronto a lavorare, o quale sia il numero di stranieri che svolgono lavori che gli italiani non vogliono più fare: badanti, autisti, addetti alla logistica, operai, baristi, camerieri, muratori. Basta visitare una piccola o media impresa piacentina che opera nel settore metalmeccanico, agricolo o della logistica per accorgersi quale sia il rapporto tra lavoratori stranieri e lavoratori di origine italiana. A questo scopo riporto un breve stralcio dell’analisi 2021 del mercato del lavoro piacentino estratto dalla pubblicazione annuale della Regione Emilia-Romagna:

Attivazioni e cessazione dei rapporti di lavoro in provincia di Piacenza anno 2021

“….la popolazione straniera in età lavorativa (15-64 anni) residente in provincia di Piacenza è passata da 21,9 mila residenti nel 2007 a 32,9 mila unità nel 2021: +50,2%. Più precisamente nel periodo 2007-2021 la popolazione in età lavorativa residente in provincia si è mantenuta costante (+361 unità): tale risultato è però stato ottenuto in forza di un incremento della popolazione residente straniera (pari a circa 11,1 mila unità) e di una contrazione di 10,7 mila residenti italiani”
Numeri inequivocabili!

Quali dovrebbero essere dunque le soluzioni al problema / opportunità del fenomeno immigrazione irregolare? Se non ci convengono i semplici respingimenti la soluzione non può essere neppure la finta accoglienza di quelli che dicono: “non respingiamo questi poveracci che arrivano”, perchè dopo un minuto che sono sbarcati fanno finta che il problema sia risolto. Il problema vero, e nello stesso tempo l’opportunità e la sfida futura, è la gestione dei flussi migratori. L’Europa deve fare accordi (anche rischiando qualcosa) con i Paesi da cui partono gli immigrati (come aveva fatto il miglior ministro dell’interno dell’ultimo decennio: Minniti) andando a prenderli sul posto e distribuendoli nei vari Paesi, i quali però devono essere pronti ad accoglierli, riportando indietro o non facendo partire chi non rientra nelle quote stabilite.

Ma chi si occupa oggi della gestione degli immigrati che sbarcano in Italia? Se escludiamo le organizzazioni di volontariato, sia della cosiddetta società civile, sia provenienti dalle varie confessioni religiose, che fanno quello che possono, nessuno si occupa degli immigrati una volta che questi hanno sono sbarcati sulle nostre coste e se va bene sono stati identificati. In questo senso occorre evidenziare che il carico maggiore della loro gestione è in capo ai familiari, parenti, amici che già sono integrati nel nostro Paese. Occorre poi sottolineare che la maggioranza degli immigrati irregolari, lascia immediatamente l’Italia per raggiunge i propri familiari in altri Paesi europei: Francia e Germania in primis, Paesi che giustamente non vogliono anche la ricollocazione degli immigrati irregolari che restano in Italia (lite Meloni – Macron).

In passato, mentre il numero degli immigrati sbarcati sulle nostre coste esplodeva, i Governi varavano soluzioni, che passavano sotto gli pseudonimi di “mare nostrum”, Triton, e l’attuale Frontex, succedutesi nel tempo, che non hanno certo risolto il problema. Pura propaganda politica poi è stata quella che ha portato alla chiusura degli hot spot e dei centri di accoglienza che possiamo definire la classica politica dello “struzzo”: “se nascondo gli immigrati il problema non esiste”. Il licenziamento di questa serie di leggi non ha risolto i problemi collegati all’immigrazione irregolare: ordine pubblico, strutture sanitarie al collasso, assistenza sociale insufficiente. Eppure, sarebbe un business per tutti investire in strutture decenti che consentano soprattutto ai minori di essere seguiti e indirizzati in un percorso scolastico e di formazione al lavoro regolare, che faccia diventare questi giovani i nuovi italiani di domani e che interrompa la spirale meno nascite più morti, fenomeno che anticipa la prossima sciagura economica e sociale del nostro Paese e dell’Europa.

La gestione dei migranti ricorda in qualche modo il problema del mancato funzionamento della giustizia, del sovraffollamento delle carceri italiane e della certezza della pena: da più parti si vorrebbe che i processi fossero celeri, i condannati fossero assicurati alla giustizia e scontassero la pena, ma nessuno si occupa di assumere più magistrati e cancellieri e di aumentare in modo significativo gli istituti di pena (carceri) italiani. Abbiamo buttato alle ortiche più di 100 miliardi in un bonus teoricamente utile ma declinato come al solito con modalità sbagliate: il 110%, che è risultato un enorme trasferimento di ricchezza (minori tasse incassate) dalle fasce più deboli e povere del Paese, che pagheranno il conto, a quelle più benestanti e ricche, quelle che ne hanno beneficiato: una follia. Cosa avremmo potuto fare se una parte di quelle risorse fosse stata investita in nuove case, nuove scuole e Istituti per la formazione professionale? Strutture non solo per gli immigrati ma anche per gli italiani che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese.

Porgo un saluto al Ministro Piantedosi e al Governo in carica sperando che in un momento di lucidità cambino la politica sull’immigrazione degli ultimi venti anni adesso che la campagna elettorale è finita e il Paese deve risolvere problemi decisamente più importanti dell’ “allarme rave”. Registro con piacere, in questi ultimi giorni, la dichiarazione del Ministro Lollobrigida che propone di aprire ad una immigrazione gestita che consenta di far entrare 500mila immigrati all’anno andandoli a prendere nei Paesi in cui sono detenuti in veri e propri campi di concentramento; se vera, mi sembra una buona idea a condizione come ho detto che alla lodevole iniziativa segua la gestione dei flussi dopo che gli immigrati siano arrivati nel bel Paese.

Mauro Peveri

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