Davide, tra sport e oratorio “Ho lasciato ingegneria per gli Educatori di strada”

La recente operazione della questura di Piacenza, con 45 ragazzi raggiunti da misure preventive e 19 denunce per reati di vario tipo legati alla violenza, ha acceso ancora una volta i riflettori sul disagio giovanile. Un problema ben più ampio di quanto si possa descrivere attraverso un provvedimento giudiziario. Dal 2012 gli Educatori di Strada a Piacenza intercettano le situazioni complicate e si impegnano a dialogare, ascoltare e combattere le difficoltà. All’inizio del Pubblico Passeggio – non a caso al centro della zona individuata dalla questura come centro delle azioni criminose dei gruppi – gli Educatori di Strada hanno una postazione fissa, “ApeCart”, con un calciobalilla, una cassa e giochi di società con cui divertirsi insieme e proporre attività educative. Fra gli educatori c’è Davide Delbò, 24 anni di Gossolengo, che ha fatto una scelta radicale, passando da Ingegneria informatica a Scienze dell’Educazione e della Formazione. Venerdì 16 febbraio sarà uno dei relatori dell’incontro “Giovani in campo per il bene comune. Fotogrammi di una generazione che non è come ce la raccontano” organizzato dall’associazione Liberi nell’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, con inizio alle ore 21.

Davide, cosa fai nella vita?
Sto per laurearmi in Scienze dell’Educazione e intanto faccio parte degli Educatori di strada, un team di professionisti, auto-organizzato e motivato dall’esperienza comune. Due pilastri fondamentali della mia vita sono sempre stati lo sport e l’oratorio, due ambienti che i miei genitori hanno sempre considerato importanti per me e per i miei fratelli. È qui che ho incontrato persone che mi hanno ispirato, aiutato a crescere e a capire le mie qualità e la mia vera passione. Il mio lavoro con gli Educatori di strada tocca principalmente due ambiti: l’oratorio e la strada. Sono educatore nell’oratorio di Gossolengo e San Nicolò e porto avanti il progetto degli “Oratori aperti” per i ragazzi delle scuole medie. In questi pomeriggi e serate insieme ai ragazzi organizzo giochi e eventi ludici. Inoltre, seguo un gruppo di ragazzi delle scuole superiori a Gossolengo, qui durante le serate si cerca di riflettere su temi e bisogni specifici dell’età adolescenziale. Il lavoro in strada invece consiste nell’incontrare i ragazzi nelle vie di Piacenza e passare del tempo insieme, cercando di cogliere il disagio che alcuni affrontano e aiutarli. Lo strumento principale dell’educativa di strada è l’ApeCart, un’ape cassonata con cui trasportiamo un calciobalilla, una cassa e dei giochi di società con cui divertirsi insieme ai giovani e proporre attività educative. Oggi, oltre allo studio e al lavoro, aiuto la società calcistica Usd Gossolengo Pittolo nella comunicazione social e sono un volontario del circolo Anspi della parrocchia di San Quintino.

Che studi hai fatto?
Mi sono diplomato all’indirizzo informatico dell’Isii Marconi. La mia grande passione nel campo tecnologico mi ha proiettato, fin da subito, verso il mondo scientifico: già in quarta superiore avevo superato il test d’ingresso per la facoltà di Ingegneria informatica del Politecnico di Milano, per cui alla fine della quinta ho potuto dedicarmi interamente all’esame di maturità. Nel 2019 iniziai a frequentare le lezioni, ma il percorso universitario da ingegnere non decollò mai. Faticavo a creare relazioni stabili e la mia passione per l’informatica pian piano si allentò, andando in secondo piano rispetto ad altri impegni che mi coinvolgevano maggiormente: fare l’allenatore di calcio ai bambini e l’animatore in oratorio, con gli Educatori di strada, dal 2019. Questi due “lavoretti” nella mia mente dovevano essere un contorno e avevano lo scopo di permettermi una prima indipendenza economica mentre mi formavo, e invece hanno acceso in me una passione che non conoscevo. All’inizio di quest’anno, dopo l’ennesima sessione universitaria deludente al Politecnico, ho capito che il mio percorso era un altro. Così mi sono iscritto al corso di Scienze dell’Educazione e della Formazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Piacenza, mentre continuo il lavoro di educatore con gli Educatori di strada.

Perché hai scelto gli Educatori di strada?
Dopo il Covid ho vissuto un periodo di disorientamento sul mio futuro, sono venute a mancare alcune certezze che fino a quel momento reputavo solide. Non riuscivo più a immaginarmi in un’azienda come programmatore, la fatica nello studio aveva superato le soddisfazioni e la felicità che l’idea di quella professione mi aveva sempre dato. Sono partito proprio da lì, dalla felicità, e ho pensato a cosa mi rendesse davvero felice. La risposta era aiutare e passare del tempo con le altre persone. Scoprii delle mie qualità nascoste in comportamenti inconsci legati alle relazioni e allo sport. Nel rapporto coi bambini ho sempre ricercato il divertimento e un dialogo propositivo. La scelta definitiva è stata il frutto dell’incontro con gli Educatori di strada. Il loro stile fresco e giovanile mi ha affascinato e appassionato, e durante i miei incarichi mi hanno sempre dato la possibilità di provare e sperimentare, garantendomi una supervisione continua. Nell’ultimo anno e mezzo ho potuto sperimentare diversi lavori in ambito sociale, come i progetti nelle scuole, la formazione agli adulti e la realtà dell’educativa di strada, oltre al mio lavoro da educatore in vari oratori. Questa scelta, faticosa e per molti incomprensibile, è stata la svolta di cui avevo bisogno.

Nei luoghi di aggregazione e per strada quali sono le tematiche che emergono maggiormente fra i giovani?
Hanno molto bisogno di essere ascoltati e di avere un adulto di riferimento che sappia accompagnarli nel cammino di formazione e alla realizzazione dei propri desideri. E poi la voglia di autorealizzazione, avere successo nella vita, spesso legata al denaro, a cui si dà un valore esagerato. Ma c’è anche molta voglia di aggregazione, serenità, benessere e tranquillità. Un esempio sono i ragazzi che da tempo frequentano l’ApeCart, di base luogo di aggregazione con anche attività educative, dicono di stare bene, sereni e di sentirsi a casa.

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