Mario Calabresi ci guida “A occhi aperti” lungo la storia degli ultimi 50 anni

Grande serata con Mario Calabresi a Podenzano nell’ambito di Val Nure Festival – Schegge di storia, rassegna organizzata da Fedro Cooperativa con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Appuntamento stasera, mercoledì 10 luglio, alle 21 e 30, in piazza Ghisoni a Podenzano (ingresso libero) per “A occhi aperti”: lo sguardo dei migliori fotografi del mondo si intreccia con quello del grande giornalista che è andato a scoprire le storie dietro alle fotografie iconiche.

Cosa spinge gli uomini a catturare una scheggia storia immortalando nella pellicola? E’ la domanda a cui Mario Calabresi ha cercato di rispondere perché ci sono fotografie capaci di segnare un’epoca, di lasciare un segno, di sintetizzare mille parole. Immagini destinate a fissarsi per sempre nella nostra memoria e a costruire l’immaginario collettivo. Mario Calabresi, giornalista e grande appassionato di fotografia, ha viaggiato a lungo per incontrare gli autori di scatti divenuti ormai iconici e farsi raccontare quali emozioni li avessero attraversati mentre fermavano sulla pellicola un pezzo di Storia. Perché la storia come comune denominatore? Perché “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla”. La rassegna di snoda tra Pontenure, Podenzano, Vigolzone, Ponte Dell’Olio, Bettola, Farini e Ferriere. I sette comuni coinvolti in questa sfida portano la storia come una scheggia che lascia il segno e diventa baluardo della cultura in una vallata troppo spesso dimenticata dalle rotte convenzionali.

“Siamo davvero felici di poter contribuire a diffondere le bellezze della Val Nure attraverso la storia e l’arte – commenta Davide Rossi, presidente Fedro Cooperativa -. Abbiamo fortemente voluto Mario Calabresi per il suo alto valore come uomo e come giornalista. Sarà una serata all’insegna di riflessioni profonde e immagini iconiche”. “A occhi aperti” è un affascinante viaggio non solo nella fotografia, ma negli eventi che hanno fatto la storia degli ultimi cinquant’anni, ancora oggi vividi e toccanti grazie a uomini e donne che hanno saputo cogliere l’attimo perfetto. Ci sono fotografie capaci di segnare un’epoca, di lasciare un segno, di sintetizzare mille parole. Immagini destinate a fissarsi per sempre nella nostra memoria e a costruire l’immaginario collettivo. Mario Calabresi, giornalista e grande appassionato di fotografia, ha viaggiato a lungo per incontrare gli autori di scatti divenuti ormai iconici e farsi raccontare quali emozioni li avessero attraversati mentre fermavano sulla pellicola un pezzo di Storia. Il fotogiornalismo, come il giornalismo, è fatto di pazienza, dedizione e costanza. Per essere credibili bisogna andare dove i fatti accadono, per vedere, capire e testimoniare. Non può farlo chi si limita a osservare il mondo dall’alto, chi resta distante e distaccato, ma soltanto chi è pronto a calarsi anche nelle realtà più crude, chi si immerge nelle storie correndo rischi. Lo sanno bene Josef Koudelka, che ha documentato la Primavera di Praga del 1968, Don McCullin, testimone dei sanguinosi conflitti in Vietnam e nell’Irlanda del Nord, Steve McCurry, che ha affrontato i monsoni e attraversato l’Afghanistan in macerie, o Gabriele Basilico, che ha immortalato una Beirut distrutta da anni di guerra civile. I fotografi incontrati da Calabresi hanno accettato di raccontare i momenti che li hanno definiti: l’umanità dolente in fuga dai massacri ruandesi o gli schiavi delle miniere a cielo aperto ritratti da Sebastião Salgado, le discriminazioni razziali americane testimoniate da Elliott Erwitt o i rifugiati palestinesi ai quali, nelle sue immagini volutamente un po’ sfocate, rivolge con pudore lo sguardo Paolo Pellegrin.

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