“Grazie a Dio perdono gli assassini di mia madre”. La storia di Mirko al raduno sinti foto

Mirco Della Santina è uno dei numerosi sinti italiani presenti in questi giorni a Piacenza, nell'area del polo logistico, al raduno che ha raccolto circa 400 famiglie riunite per contrastare le discriminazioni razziali verso la propria etnia. 

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“Nel 1990 la mia famiglia è stata distrutta da una tragedia: Il 23 dicembre 1993 a Bologna il nostro campo fu attaccato dalla banda della Uno Bianca. Le pareti del nostro caravan erano troppo sottili per resistere alle pallottole, e mia madre, Patrizia, fu uccisa. Vidi mio padre cercare conforto nell’alcol, i miei fratelli imboccare una cattiva strada. Io ero il più piccolo e non mi sono mai ripreso da quel lutto, nel mio cuore avevo giurato vendetta. Fino a quando Dio non mi ha guarito”. Mirco Della Santina è uno dei numerosi sinti italiani presenti in questi giorni a Piacenza, nell’area del polo logistico, al raduno che ha raccolto circa 400 famiglie riunite per contrastare le discriminazioni razziali verso la propria etnia. 

Un raduno che ha una forte connotazione religiosa: la maggior parte dei sinti infatti è protestante, e nel tendone allestito nel grande piazzale a pochi passi dal magazzino Ikea si alternano canti con suggestioni manouche e di ispirazione più melodica, a racconti di rendenzione come quello di Mirko. 

“A 15 anni avevo capito subito come fare soldi facili, grazie alla droga, e nel mio cuore c’era solo spazio per l’odio e il desiderio di vendetta nei confronti di chi aveva ucciso mia madre – racconta al pubblico -, e una volta entrato in possesso di un’arma ho anche avuto l’occasione di potermi fare giustizia da solo. Mi era stato detto dove avrei potuto trovare un parente dei fratelli Savi, e mentre stavo per raggiungerlo, ho sentito una voce che mi diceva “fermati, Mirko”. Non ho compreso subito chi fosse, ma poi ho capito che era la voce di Dio. Se avessi veramente dato corso ai miei desideri di vendetta, avrei tradito mia madre”.

“Ho trovato la pace nel farmi una famiglia, anche se quando a 18 anni sono diventato padre la mia più grande gioia è stata nuovamente oscurata dal dolore di non avere mia madre accanto a me. E ancora sono stato salvato da Dio, grazie alla presenza di mio suocero, un vero cristiano. Ho capito che Dio aveva altri piani per me e, una volta da solo, ho iniziato a pregare, e la mia è stata una preghiera di perdono per chi aveva distrutto la mia famiglia. Ho provato una grande liberazione”. 

Il diritto al professare il proprio credo, così come a poter vivere secondo la propria cultura sono due temi sui quali Elvis Ferrari, referente dei sinti di Piacenza, vuole promuovere un’azione di sensibilizzazione. Al campo infatti si sono recati in visita il prefetto Anna Palombi, il sindaco di Piacenza Paolo Dosi e l’assessore al Welfare Stefano Cugini. 

“Noi siamo discriminati a causa del nostro nomadismo, nonostante siamo italiani da 6 secoli – dice Ferrari – c’è ancora chi esprime un giudizio razzista nei nostri confronti. Tra di noi c’è chi abita in casa, c’è chi è integrato e chi lo è meno. C’è anche chi sbaglia, ma non è giusto che, per colpa sua, debba pagare tutta la comunità. Comunque già avere qui, oggi, le istituzioni, è un primo passo”. 

“Durante le elezioni noi sinti e anche i rom siamo sotto attacco, da parte delle forze politiche, ma anche da parte dei media. Ci riteniamo dei capri espiatori. Viviamo una triplice discriminazione: come italiani, sinti e anche come religiosi. Ci viene negato di poter professare il nostro credo, nonostante la libertà religiosa sia prevista dalla Costituzione. A Piacenza non abbiamo problemi, ma in tante città può fare scalpore veder montare un tendone con 300-400 roulotte al seguito. Noi non siamo zingari, noi siamo sinti o siamo rom. Siamo persone integrate e tanti di noi sono stati salvati dal Vangelo. Noi disponibili a invitare qui i rappresentanti della Lega – dice Ferrari -, e anch’io sono stato ospite di alcuni loro incontri, pre presentare la nostra situazione. Ma la loro è tutta propaganda, poco interessa l’effettivo recupero e l’intergrazione delle persone”. 

Nel campo di Piacenza vivono 130 persone, di cui 60 minori. Circa 13 persone lavorano, grazie a un progetto del Comune, all’interno del campo. Altre 40 sono invece impegnate nella raccolta e vendita di ferro vecchio, tradizionale attività dei sinti, che non viene svolta però in modo regolare. E proprio questa è una delle richieste di Ferrari alle istituzioni piacentine: anni fa si era parlato della costituzione di una cooperativa per legalizzare questo commercio, ma gli elevati costi di partenza avevano fatto fermare tutto. 

“Sono stata invitata molto calorosamente a partecipare a questo incontro, per conoscere una realtà nuova, per me, qui a Piacenza – dice il prefetto Palombi -. Il dialogo va instaurato con tutte le realtà del territorio, per scongiurare le intolleranze che ci sono. Qui richiama anche il tema dei profughi, cerchiamo di mettere in campo tutte le azioni necessarie per facilitare la conmvivenza, nel rispetto delle regole che garantiscano la sicurezza della comunità”.

“Non è la prima volta che si tengono raduni di questo tipo, e che si svolgono sempre nel rispetto delle regole e credo sia meglio lasciarli organizzare alla luce del sole, invece che in modo clandestino – dice il sindaco Dosi -. Chi li promuove presenta la propria richiesta in Comune e invita le autorità. E’ un modo di conoscenza reciproca”. 

 

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