Ecco l'”Inferno”, la Divina Commedia arriva a Piacenza foto
Presentata al Melville di San Nicolò l'inedita antologia scritta a più mani che si richiama all'opera immortale di Dante, ma che è ambientata nella nostra città
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La Divina Commedia arriva anche a Piacenza” a cura di Gabriele Dadati e Giovanni Battista Menzani (ed. Officine Gutenberg). Presentata al Melville di San Nicolò l’inedita antologia scritta a più mani che si richiama all’opera immortale di Dante, ma che è ambientata nella nostra città. Edita da Officine Gutenberg, la trovate in libreria e in edicola.
La Piacenza in cui viviamo tutti i giorni non è l’unica che esiste. Anzi: non è neppure quella in cui siamo destinati a trascorrere più tempo. Ce ne sono infatti altre tre che ci attendono nel per sempre che sta dopo la morte. Una infernale, una purgatoriale, una paradisiaca. Esattamente uguali a quella terrestre, ma sottoposte a tutt’altre regole.
Della prima di quelle tre città si racconta nelle pagine di questo libro. A percorrerne le strade è un Peccatore che in sogno, poco prima di morire, viene accompagnato per mano da un Agente Infernale. Scopo della perlustrazione è permettergli di compiere una scelta. Come tanti di noi – come quasi tutti noi – è stato un peccatore mediocre, che ne ha fatte di tutti i tipi. È stato un po’ ignavo e un po’ fraudolento, un po’ lussurioso e un po’ seminatore di discordia. Per non dire delle sue modeste prove come ladruncolo e le ire (oggi le si chiamano: incazzature) che l’hanno agitato più volte. Così gli è data la possibilità di scegliere. Dove prenderà alloggio per essere punito per l’eternità?
Insieme a lui, anche noialtri peccator…, ehm, lettori, abbiamo la possibilità di sbirciare cosa accade nella Piacenza infernale. Casomai ci tocchi, un giorno o l’altro.
Gli autori dei canti: Emanuela Albanese, Marina Bacchiani, Brunello Buonocore, Paola Cerri, Pietro Chiappelloni, Gabriele Dadati, Melania Dadati, Chiara Ferrari, Marco Ferrari, Domenico Ferrari Cesena, Francesco Ferri, Filippo Fornari, Nicoletta Livelli, Cristina Longinotti, Piera Marchioni, Giovanni Battista Menzani, Marco Murgia, Arianna Seminara, Claudio Sesenna, Barbara Tagliaferri, Ottavio Torresendi.
Una scelta redazionale – che avrebbe voluto facilitare la comprensione del volume rendendo più omogenei tra loro i testi – ha purtroppo portato ad alcune limitate modifiche che tuttavia incidono sulla metrica originaria, in endecasillabi. Ecco il testo integrale di Domenico Ferrari Cesena de
IL GIRONE DEGLI OMICIDI E DEI PREDONI
Piacenza, antica città, era abbracciata
da una cinta muraria da fortezza
con bastioni potenti; mutilata,
in epoche recenti, da chi sprezza 4
l’antico e il bello, e odia i difensori
del buon gusto e buon senso. Quand’olezza
il soldo, lor lo seguon, predatori 7
e assassini del bello e dell’antico.
Rafforzavan gli austriaci oppressori
le mura ed i bastion contro il nemico 10
ch’era più piacentino che foresto.
Al Bastione Borghetto un forte amico
fu aggiunto come vigile funesto: 13
il Torrion, che teneva sorvegliato
il popolo, e tranquillo. Molto presto
in questo secol ci donò lo Stato 16
un assurdo restauro del Torrione:
ciò che era abusivo, restaurato
fu, non distrutto; anzi, al baraccone 19
altre aggiunte abusive, anche le nuove,
pure se benedette dal padrone.
Chi gli passi vicino se non piove 22
e se è notte, ode gemiti e lamenti;
nel buio intorno qualcosa si muove,
forse un’ombra fugace che rallenti; 25
se si chiede chi abita il Torrione,
la risposta è: “L’anime penitenti
di coloro che innumeri persone 28
uccisero inquinando, o depredaro
un paradiso in terra per ragione
di lucro.” Poi, insistendo e continuando 31
ad indagar, si scopre che dannate
sono l’anime, ed il Torrion nefando
è un pezzo dell’Inferno; poco amate 34
son le sue stanze, in cui c’è una sezione
di quel pezzo. Ivi l’anime ospitate
sono recenti acquisti del girone 37
degli omicidi e dei predoni. Un’ombra
prendea il minuto d’aria sul portone
del Torrion. Disse: “Se ho la mente ingombra 40
(la mia pena) di belle architetture
storpiate, tutto oblìo. A testa sgombra
son noto progettista di brutture, 43
Demòcrato Miràbil, insuperato
nel rendere sgraziate le strutture
che progetto. Il mio più sciagurato 46
(lo riconosco) è nell’antologia
del brutto universale, visitato
da torme di turisti.” “Affè nia!”, 49
disse un’altr’ombra ch’era lì vicino,
“questo sostiene in ver l’economia!
Io invece sono qui per il soldino 52
che volea risparmiare ne’ miei forni
bruciando qualche innocuo rifiutino.
Quando vedrò la fine de’ miei giorni 55
approssimarsi, avrò bene il diritto
di viver coi risparmi e coi ritorni
dei miei investimenti, o no? Con gran dispitto 58
dicevano i nemici che inquinavo,
e scoppiò un memorabile conflitto,
ma nessun dimostrò che io baravo, 61
confuse le statistiche dei morti
erano, e l’autorizzazione meritavo.”
Si tacque, e la prim’ombra: “Se le sorti 64
nostre sono immutabili in eterno,
pentirsi, ch’è il costume dei più forti,
non è proibito; gli ospiti d’Inferno 67
tipici, invece, hanno sempre ragione
e si ridannerebber.” Dall’interno
del Torrion venne il suono di un vocione 70
rauco: “L’anima son dell’ingegnere
Aloysius De Turp; la vocazione
mia è di estrar wattora dalle vere 73
risorse naturali; e, se cancello
un angolo di paradiso, non mi fere
minimamente. E’ soggettivo il bello, 76
e, se devo distruggerlo, lo faccio,
non me ne importa nulla.” “Io m’appello
a tutti i tribunali,” un scartafaccio 79
sventolando dicea nuovo dannato
ch’avea una voce, singolar, di ghiaccio.
“Lo so che il tribunal privilegiato 82
è sempre quel d’Inferno, ma le umane
corti dovrebbero contare, dato
che in vita rispettar le leggi umane 85
dobbiamo, oltre a obbedir quelle divine.
Son Pio Cimenti, sindaco di Rane
per oltre mezzo secolo, meschine 88
critiche dai nemici del mattone
ho ricevuto fino alla mia fine
perché permisi la lottizzazione 91
di tutto il territorio comunale,
così dovemmo lottizzar le zone
golenali, e poi gli alvei…” “Maiale!” 94
Sulla soglia un demonio con la frusta
gridando apparve: “Taci sempre il male
che fece la tua fame della busta 97
e quella del consenso popolare.
Perché non dici della fine ingiusta
delle tredici vittime del mare 100
d’acqua e di fango che travolse tutti
nell’ultima alluvion?” “Sono le amare
compagne del potere, sono i frutti 103
dell’arroganza degli eletti”, disse
ancora De Turp, che i piani brutti
non aveva descritto, e li descrisse: 106
“Non mi han lasciato fare una centrale
su un torrente che parea s’imbellisse
al passare del tempo; la locale 109
popolazione contro e, stranamente,
i politici. E ciò mi fece male.”
“Non hai detto che il tratto di torrente 112
che avevi scelto era il più bel del mondo”,
disse Cimenti, con piacer tagliente
e maligno. Due anime, un rotondo 115
vecchio e una secca femmina, al portone
giunsero, ben accolte dal giocondo
Aloysius, che salutò Adone 118
e Amalia, la badante, mentre l’ombra
del primo si accingeva a una concione.
“La conceria sorgeva in zona ingombra 121
di case e capannoni; per spostare
la fabbrica, trovai in riva al Sombra
un’area ricca d’acqua per lavare 124
le pelli, ma le ville ivi esistenti
si opposero: dovetti guerreggiare.”
“Io son la tua badante, adesso senti, 127
Adone Pellacano, un po’ quieto
stai,” disse Amalia, “e questi patimenti
fan parte della pena che ti vieto 130
di lamentare; della tua son parte
e tu sei parte della mia! Sii lieto
ché meritavi molto peggio! L’arte 133
di una pena ridotta la sai bene,
Adone caro, in regola hai le carte,
mentre io pago più che si conviene 136
a chi propone utili modelli:
un premio meritavo, non le pene!
Volevo tappezzare, con pannelli 139
voltaici, i palazzi di Piacenza
che sarebbero stati ancor più belli,
ma l’effetto dei gusti dell’utenza 142
(però sbagliavan, spesso capitava)
preoccupava assai la dirigenza.
Ricoprire anche il Gotico…..” “Che brava! 145
Ma l’annunciasti troppo presto”, disse
Silvano, appena giunto. Continuava
Amalia: “Sì, volevo che coprisser 148
il palazzo da subito, non serve
averlo lì a far nulla.” “Le idee fisse
sono il cancro peggior, là dove ferve 151
il cambiamento”, sentenziò Silvano
Macigni, “vissi con un po’ di verve.
Negli anni Trenta (son di voi il più anziano) 154
dovetti progettar due palazzoni
in piazza de’ Cavalli. Quel marrano
che lo decise, recriminazioni 157
meriterebbe qui al posto mio
ma qui non c’è: le buone tradizioni
van rispettate…..” “Cerca” disse Pio 160
“in Paradiso.” “Era un raccomandato
di sicuro, e dall’alto”, disse Dio,
ch’era di Adone il soprannome. Il fato 163
volle che il tempo fosse alfin trascorso
e un diavolo suonò un segnal sgraziato
con un strumento che portava al dorso; 166
pose mano alla frusta, e in un istante
il Torrione inghiottì come in un sorso
l’anime, che tornarono alle tante 169
sofferenze cui erano soggette.
Ed alcuni al lor sogno dominante
di lottizzare (con le mani nette?) 172
il vallo delle Mura, altri a creare
del Torrion nelle nere cellette
potenza ed incentivi da lucrare. 175
All’ingresso restaron due figuri
che avevano assistito al chiacchierare
della ricreazion. “Tra questi muri 178
non mi ci vedo per l’eternitade.
Troppi litigi.” “Ma non siam tra puri
spiriti beati; però, la cittade 181
è ricca di gironi inesplorati
che dobbiam visitar.” Le luci rade
delle vie, con i fumi ormai bloccati 184
per la chiusura del porton, le belle
strade mostravan; gli umili isolati
sembravano tesori ascosi nelle 187
oscurità notturne, era silenzio,
pace ed oblìo; lassù in alto, le stelle.
DOMENICO FERRARI CESENA (Gragnano Trebbiense, 1940). Finì, per un disguido burocratico, nel girone degli omicidi e dei predoni, e riportò in versi infernali alcune delle conversazioni che i dannati si scambiano durante un tipico “minuto d’aria” sul portone del loro luogo di pena, il Torrione Borghetto. La crudezza del resoconto, nell’assenza della consueta ipocrisia, dispiacque molto ai ricoverati, e in particolare alla cupola del girone. Quando poi si seppe che l’autore in vita era stato addirittura quasi vegetariano, la sua anima fu cacciata a furor di popolo, e dovette chiedere asilo politico a gironi più congeniali. Ora si trova nel Limbo, in attesa degli esiti delle pratiche di ammissione ai gironi dei lussuriosi, dei golosi, e degli eretici. E ci sta benissimo.
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